ROMA “Everybody Needs Somebody to Love”. In stile Blues Brothers, Beppe Grillo balla con i suoi parlamentari sul palco e conclude così la prima Festa del Movimento 5 Stelle. Ieri nessun effetto speciale, la gru che lo aveva sollevato in cielo il giorno prima è rimasta al suo posto, ma non sono mancati gli annunci, gli attacchi e gli insulti. Anche se, precisa il leader, «noi siamo gandhiani». Davanti alla folla che ha riempito il Circo massimo («Siamo 200mila»), Grillo annuncia che martedì i parlamentari 5Stelle andranno a Genova a dimissionare il sindaco Marco Doria “colpevole” dell’alluvione: «Da Genova la peste rossa sommergerà tutta l’Italia. Devono andare via immediatamente». Via gli amministratori di Genova e via l’esecutivo e il presidente della Repubblica. «Non ho nulla contro i massoni - dice - ma se vogliono andare al governo fanno il partito della massoneria». Il Movimento 5 Stelle invece «uscirà dal Parlamento senza dare le dimissioni, faremo delle cose fuori». Il comico genovese ne ha anche per il Capo dello Stato. «Dai - incita la folla - andiamo a fare un salto subito al Quirinale. Noi faremo da testimoni a Napolitano, noi che non siamo in carcere». Ma poi aggiunge: «No, no, sto scherzando». E ricorda: «Noi siamo gandhiani». Lo show continua. I giornalisti? «Sono dei tossici. Mi chiedono sempre dei dissidenti». L’investitura di Luigi Di Maio a leader post Grillo non c’è stata. Anche perché sarebbe scoppiato il partito. Alessandro Di Battista, considerato il rivale del vicepresidente della Camera, afferma conversando sul prato: «Quello di Luigi è stato il discorso migliore». Un modo, forse, per spazzar via ogni dubbio sulla rivalità tra i due. Di Maio, da semi leader in pectore, incarna questo ruolo: «Siamo una vera comunità, andate tra la gente a sensibilizzare sulle nostre battaglie. Se i giornalisti cercano un leader a cui dare l’investitura vadano alla Festa dell’Unità. Noi siamo altro». È istituzionale, anche se in mattinata era stato, da scaletta, declassato a parlare di Terra dei Fuochi. Ma poi lui parla di esecutivo a 5 Stelle, come previsto inizialmente: «Dobbiamo essere pronti a governare», dice. Il suo protagonismo e il fatto che in tanti lo vedono, nei sogni stellati, come possibile leader, aveva dato fastidio a tutti quelli che invece dal palco dei big hanno parlato dei temi che gli competono per incarichi in commissione, come Di Battista che ha parlato di politica estera. E Pizzarotti che fa? Forse vuole formare una corrente, anche se lui nega. Comunque sia il sindaco di Parma chiede un nuovo assetto del partito con incarichi ben stabiliti, ma a lui il palco non è concesso, neanche quello piccolo. Poi Grillo torna a parlare della sua città: «A Genova porteremo tutti i nostri eletti a spalare. Tanto siamo abituati a spalare me... in Parlamento, non ci sarà differenza». Di nuovo no-euro: «Porteremo 3-4-5-6 milioni di firme. Il 70% delle persone dirà che vuole uscire dall’Euro. Sono sicuro». Nell’entusiasmo di aver ritrovato la piazza, il leader chiede ai militanti di tornare sui territori. E lo fa un po’ in stile berlusconiano: «Da domani vi voglio nelle piazze, siete bellissimi, dovete andare ed abbracciare ognuno di voi una famiglia. E portarla con noi». Anche loro adesso sono missionari della libertà nell’Italia renziana.