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Data: 13/10/2014
Testata giornalistica: La Repubblica
Sondaggi - Consenso in ripresa, il premier sale al centro. Pd oltre il 41%, in affanno Forza Italia (Guarda le tabelle)

L'Atlante politico. Si ferma il forte calo registrato a settembre e Renzi riconquista due punti, attestandosi al 62 per cento. Stabili i 5Stelle, cresce la Lega, in grave difficoltà Ncd e Udc, mentre Berlusconi è al 15,6 per cento. Il sostegno al capo del governo aumenta soprattutto fa gli elettori di Fi, del Carroccio, fra i lavoratori autonomi e le piccole imprese

L'AUTUNNO di Renzi si annuncia caldo. Ma il forte calo di fiducia nei confronti del premier - e leader del PD - registrato un mese fa, oggi sembra essersi fermato. È quanto emerge dal sondaggio dell'Atlante Politico di Demos (condotto nei giorni scorsi). Che suggerisce, anzi, alcuni - limitati - accenni di ripresa. Il credito verso il governo, infatti, è risalito di un paio di punti - dal 54% al 56%. La stessa crescita che fa osservare la fiducia personale verso il premier: dal 60% al 62%. Non era scontato. Era possibile, infatti, che le indicazioni fornite dall'Atlante Politico di un mese fa annunciassero la fine del legame di confidenza fra Renzi e gli elettori. Questo sondaggio, invece, suggerisce come il ridimensionamento osservato in settembre riflettesse il ritorno alla normalità. Dopo l'euforia prodotta, nel clima d'opinione, dal successo conseguito alle Europee dal PD guidato da Renzi. Il PDR. Una "normalità", peraltro, "eccezionale", rispetto alla storia elettorale del Centrosinistra, rimasto una "minoranza" anche dopo l'avvento di Berlusconi. Oggi non è più così.

LE TABELLE

Il PD, secondo le stime elettorali dell'Atlante Politico, conferma e, anzi, rafforza, seppur di poco, il risultato delle europee. Supera, cioè, il 41%. Di gran lunga, il partito più forte, sul piano elettorale. Gli "sfidanti", invece, restano lontani. Il primo, e più importante, il M5s, si mantiene intorno al 20%. Il partito maggiormente in crescita è, però, la Lega che, ormai, sfiora il 9%. Crescono anche i Fratelli d'Italia, che, tuttavia, pesano poco. Meno del 4%. Ma superano, comunque, il NCD. Che, insieme all'UDC, è sceso al 2,6 %. Insomma, il Centro (destra) è scomparso, oppure è in grave difficoltà. Come dimostra il ripiegamento di Forza Italia, attestata intorno al 15,6%. Cioè, 3 punti meno di un mese fa. A conferma di come il PDR, dopo aver largamente assorbito i partiti di Centro, stia erodendo il voto degli elettori di Forza Italia. Ciò spiega le dinamiche e le ragioni del consolidamento di Renzi.

Il brusco ridimensionamento del consenso verso il governo e verso il Premier rilevato a settembre, infatti, si era concentrato fra gli elettori di Centrodestra. E fra i piccoli imprenditori e i lavoratori autonomi del Nord. Le componenti dove, oggi, il sostegno risulta cresciuto maggiormente. I giudizi nei confronti del governo, infatti, nell'ultimo mese, sono risaliti proprio "a destra". Fra gli elettori di FI, in particolare: dal 34% al 46%. Ma anche della Lega e dei Fd'I. Sotto il profilo delle categorie professionali, la risalita più evidente, rispetto a settembre, riguarda, non per caso, i piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi (dal 46% al 67%) e i liberi professionisti (dal 47% al 60%). Solo nella base del M5s la valutazione del governo resta molto negativa e non accenna a crescere.

Questi mutamenti d'opinione appaiono conseguenti al dibattito intorno alla riforma del lavoro, il Jobs Act, approdato in Parlamento fra polemiche accese. Alimentate, soprattutto, dalla "revisione" dell'art. 18. Che Renzi ha sollevato, consapevolmente, per non vedersi spinto a Sinistra. Mentre il suo PDR guarda al Centro(sinistra). E mira a intercettare il voto di (centro)Destra.

D'altronde, rispetto al marzo 2013, all'indomani delle elezioni politiche, il profilo politico di Renzi, fra gli elettori è cambiato profondamente. La fiducia nei suoi confronti, fra coloro che si definiscono di Sinistra: dall'84% è scesa al 62%. Venti punti in meno. Ma ne ha recuperati, in parallelo, dieci fra quelli di Destra. Mentre fra quelli di Centrosinistra si conferma all'80%. E nella base elettorale del Centro e del Centrodestra oscilla fra il 60 % e il 70%; in sensibile ri-crescita, comunque, rispetto a un mese fa. Anche per questo, il premier si è dimostrato cauto, e quasi elusivo, sul riconoscimento dei matrimoni gay celebrati all'estero. Cui si è opposto il ministro Alfano, leader del NCD. Perché è un tema sensibile, che, come mostra il sondaggio di Demos, ottiene un consenso crescente, fra gli italiani. Ma rischia di dividere il PDR, al suo interno. E, soprattutto, di "dividerlo" dagli alleati e dal Centrodestra.
L'opposizione, così, non sembra più rispondere alla tradizionale alternativa politica, fra Sinistra e Destra, ma segue altre linee di demarcazione. Per prima, la frattura anti-europea, che, non a caso, accomuna il M5s e gli attori politici lepenisti: la Lega, ma anche i Fratelli d'Italia. Beppe Grillo, non a caso, nel corso della manifestazione del M5s al Circo Massimo, ha annunciato un referendum per uscire dall'euro.

L'opposizione si presenta, in questo modo, come un'alternativa "di sistema". In nome di un diverso modello di democrazia: "diretta" invece che "rappresentativa". E per questo anti-parlamentare - pur agendo dentro al Parlamento. In nome di un diverso progetto geopolitico. Fuori dall'Europa. Anzitutto: dall'euro e dalla UE. Per questo, però, oggi Renzi appare senza alternativa. E può dedicarsi alla costruzione di un post-partito, dove l'identità personale si sostituisce alla tradizione e all'organizzazione del partito. Il PdR, per questo, appare un "partito di elettori", in grado di superare i confini territoriali e ideologici del passato. Così, guadagnato voti perdendo iscritti, in modo quasi speculare. Ma, allo stesso modo e per la stessa ragione, gli è difficile esercitare un controllo sui propri elettori. O, almeno, costruire un legame stabile con essi. Privi di fede, patria e comunità. Rischiano di diventare un popolo di apolidi. Scettici. Senza fissa dimora.

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