L’AQUILA La Protezione civile risponde «picche» alla richiesta del Comune di provvedere – dopo il sequestro di 800 balconi e lo sgombero di 24 appartamenti – alle verifiche strutturali sugli alloggi del Progetto Case e il sindaco Massimo Cialente affida la pratica a un pool di legali. Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, stazione appaltante delle 19 new town costruite per dare un alloggio sicuro ai terremotati, ha liquidato Cialente e L’Aquila affermando che il «Dipartimento non ha alcun titolo a interloquire sulle rappresentate richieste». In quanto poi «alle denunciate responsabilità, anche di natura manutentiva», per Gabrielli «bisognerà attendere gli esiti degli accertamenti in corso da parte dell’autorità giudiziaria». Una risposta bollata da Cialente come «del tutto inaccettabile. Di questo si occuperanno i nostri legali», è il commento del primo cittadino che ieri, dopo aver atteso per giorni segnali dal governo sulla ricomposizione della governance e sulle risorse per affrontare questa nuova emergenza degli edifici antisimici a rischio crollo, ha spostato il tiro sull’Europa. Così dopo la lettera al presidente Giorgio Napolitano e al premier Matteo Renzi, la cui visita all’Aquila è per ora rinviata, Cialente ha spedito una lunga lettera a un altrettanto lungo elenco di persone. Un appello, affinché «la burocrazia senz’anima non prevalga sui drammi provocati dalle calamità naturali», indirizzato, tra gli altri, ai presidenti della Commissione e del Parlamento europeo, ai capi di Stato e di governo di tutti i Paesi membri e alla Bce. «Fuori dal patto di stabilità i fondi destinati alle calamità naturali». Questo il senso dell’appello lanciato da Cialente all’Ue per poter «liberare» le risorse necessarie per la ricostruzione dell’Aquila. «Non è possibile che una regola di bilancio possa essere più importante dell’uomo, del cittadino colpito da un dramma collettivo, del futuro di un insieme di abitanti dell’Europa unita», si legge nella lettera che vede come primo destinatario il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. «L’unica speranza per la ricostruzione dell’Aquila è che l’Europa dia la possibilità di sforare il patto di stabilità per le calamità naturali». In sostanza Cialente, ricordando che L’Aquila è la quarta città universitaria d’Italia e seconda per numero di edifici storici vincolati dal ministero per i Beni culturali, chiede all’Europa di consentire l’accensione di un mutuo, anche sforando il limite imposto dai vincoli della finanza pubblica, con Cassa depositi e prestiti o con un pool internazionale di banche. «Solo così sarà possibile assicurare la restituzione alla nostra gente, all’Italia e all’Europa, di questo pezzo importante di territorio, una speranza di vita agli aquilani e un progetto di vita ai nostri giovani. Un mutuo che l’Italia, già ora, potrebbe agevolmente onorare. Ancora una volta, e a tutti, chiedo di sostenerci in questa battaglia, affinché l’Unione europea valuti la possibilità di recepire, nella sede e nella forma che sarà ritenuta più idonea, la nostra proposta». Insomma, per Cialente «in caso di calamità naturale, riconosciuta come tale dall’Unione Europea e per la quale vengono dunque concessi i finanziamenti del fondo di solidarietà, lo Stato membro è autorizzato a intervenire per l’opera di ricostruzione. Il tutto con finanziamenti pari al massimo 15 volte a quanto finanziato con il fondo di solidarietà, senza che questo incida sul patto di stabilità. Lo Stato membro concorderà con l’Ue il cronoprogramma degli interventi e quindi degli investimenti e trimestralmente rendiconterà l’utilizzo delle spese». Quindi, la questione dei costi della ricostruzione. Nella lettera, inviata anche all’Anci, ai colleghi italiani ed europei, viene spiegato che «L’Aquila sta ricostruendo con grande rigore, risparmiando su quelle che erano le previsioni di spesa, ma il fattore tempo è determinante per restituire un futuro alla comunità. I centri storici e l’insieme delle loro peculiari funzioni culturali, amministrative ed economiche, sono l’identità dei cittadini. In quest’ultimo anno i giovani stanno andando via perché non vedono prospettive certe. Finora hanno accettato di vivere una vita sospesa sulle macerie, ma senza certezze di tempi non possono più costruire un progetto di vita. L’Aquila, il suo comprensorio, stanno morendo. Credo che la ricostruzione dell’Aquila, da un punto di vista economico, sia una responsabilità dell’Italia, ma da un punto di vista politico e soprattutto morale, sia una responsabilità di tutti i popoli europei. Facciamo sì che l’Europa, in questa vicenda, possa mostrare il suo vero volto, quello in cui noi abbiamo creduto e crediamo, e che il nostro governo vuole contribuire a costruire giorno per giorno: l’Europa dei popoli, delle nazioni, delle regioni, delle città».