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Data: 16/10/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
La legge di stabilità. Ecco le misure annunciate

1. Con il taglio Irap sconti fiscali fino a mille euro annui a dipendente

Le imprese da sempre la considerano l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) la tassa più ingiusta, perché oltre a essere calcolata sul reddito prodotto dall’impresa (al lordo di interessi e imposte) si paga anche sui costi del personale. Da qui l’entusiasmo per la norma inserita nella legge di stabilità che, completando un percorso già iniziato, dal 2015 renderà il costo del lavoro integralmente deducibile dalla base imponibile Irap. La misura comporterà un minore carico fiscale per le imprese di 5 miliardi di euro. La misura si aggiunge alla riduzione del 10% sulle aliquote Irap introdotta con il decreto Irpef del maggio scorso.
Secondo alcune simulazioni il risparmio per dipendente varierà dagli 80 ai 60 euro mensili. La forchetta dipende dall’età anagrafica del dipendente, dal sesso e dalla localizzazione geografica dell’impresa. Già attualmente infatti, oltre alla deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali, sono previsti degli sgravi forfettari pari a 7.500 euro l’anno a dipendente se over 35, che diventano 13.500 se donne o under 35, cifra quest’ultima raddoppiata nel Sud. Ovviamente più dipendenti si hanno, maggiori saranno i benefici. Alcune stime indicano risparmi di imposta pari al 65% per le imprese medio-grandi, al 35% per le Pmi, tra il 5 e il 9% per le piccole e piccolissime imprese. La misura dovrebbe avere effetti positivi sul Pil.
Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre la fetta più grande del taglio Irap andrà al sistema delle grandi imprese nel suo complesso. Per le ditte individuali e i liberi professionisti il risparmio complessivo sarà di poco più di 600 milioni, le società di persone beneficeranno di uno sconto fiscale di 700 milioni di euro mentre per le altre forme di impresa, come le società cooperative e gli enti commerciali, lo sconto varrà mezzo miliardo di euro.

2. Tre anni a contributi zero per chi assumerà con le “tutele crescenti”

Arriva la superconvenienza per chi assumerà con il nascituro contratto a tutele a crescenti partorito dal Jobs act. Per i primi tre anni si pagheranno contributi zero. Il governo spera così di convincere le imprese a creare occupazione stabile. La misura, che vale 1,9 miliardi di euro, è simile ma non uguale al bonus occupazione del governo Letta. Quella norma non ha avuto gli effetti sperati perché eccessivamente selettiva (età, titolo di studio, ecc). Il contratto a tutele crescenti è invece applicabile a tutte le nuove assunzioni (giovani e meno giovani) per cui allarga le possibilità di decontribuzione. Non è ancora possibile stabilire da quando scatterà il nuovo sconto, dato che il Jobs act deve essere approvato ancora da un ramo del Parlamento (la Camera) e poi, essendo una delega, avrà bisogno dei decreti attuativi. Tra l’altro il contratto a tutele crescenti spazzerà via l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori per le motivazioni economiche, lasciandolo per i licenziamenti discriminatori e per alcune fattispecie di quelli disciplinari ingiustificati. Come è noto i dettagli dell’intervento saranno definiti proprio con un decreto attuativo che, quindi, sarà particolarmente tenuto d’occhio. Il governo comunque ha più volte detto di voler concludere il percorso entro i primi mesi del 2015.
Una volta in vigore, comunque, la norma consentirà notevoli risparmi e renderà le assunzioni con questo tipo di contratto molto più convenienti rispetto alle altre tipologie. Secondo una simulazione del Caf nazionale Cisl fatta su uno stipendio di 25.000 euro lordi l’anno, l’imprenditore potrà risparmiare, tra i 7.500 e i 10.600 euro l’anno a nuovo assunto. E anche per il lavoratore la busta paga «netta» potrebbe lievitare di circa 1.600 euro in un anno. La convenienza è sia nei confronti del contratto a tempo indeterminato (a contributi pieni), sia rispetto ai contratti a termine, a progetto e di collaborazione.

3. Confermato il bonus da 80 euro si trasformerà in detrazione Irpef

Il bonus da 80 euro in busta paga da maggio per 10 milioni di lavoratori dipendenti con redditi compresi tra 8 e 26 mila euro viene confermato anche nel 2015. Cambia però il meccanismo attraverso il quale sarà assicurato ai contribuenti. Accantonata la veste del credito d’imposta, si passa alle detrazioni sull’Irpef. In questo modo la misura potrà essere conteggiata dal punto di vista statistico come riduzione della pressione fiscale. Per quest’anno invece il bonus verrà classificato dall’Irpef come maggiore trasferimento monetario alle famiglie e in quanto tale contribuirà ad aumentare la spesa pubblica. La modifica dell’operazione non cambia nulla dal punto di vista dell’aumento delle buste paga. I redditi compresi tra 16 e 24 mila euro continueranno ad essere quelli più gratificati dal bonus che si estinguerà progressivamente al salire del redito fino ad annullarsi a quota 26 mila. Quanto alla copertura per il bonus da 80 euro sono 9,5 i miliardi messi a bilancio, vale a dire 2,6 miliardi in più rispetto alle risorse che servivano a finanziare gli 8 mesi del 2014. «Speravo fossero 10 miliardi ma sono la conferma del bonus alla faccia di quelli che hanno detto che non ce la facciamo» ha rivendicato il premier Matteo Renzi che però deve rimandare il proposito di estendere il bonus anche a incapienti, partite Iva e pensionati che sono stati tagliati fuori dal provvedimento che, nei programmi di Palazzo Chigi, dovrebbe servire a far ripartire i consumi. Il governo ha accarezzato a lungo, in particolare per pensionati e incapienti, l’idea di concedere il bonus salvo poi dover abbandonare il progetto a causa delle ristrettezze di bilancio. In particolare si era ipotizzato di far salire il tetto della no tax area da 8 mila a 10-11 mila euro in modo da permettere alle fasce di reddito più povere di poter rientrare nell’area delle detrazioni.

4. Dal fisco controlli «preventivi». Partite Iva, forfait del 15 per cento

Anche il Fisco «cambia-verso». O quanto meno prova a cambiarlo negli accertamenti verso i contribuenti. Che non saranno più soltanto successivi alle dichiarazioni dei redditi, ma anche e soprattutto preventivi. Il Fisco metterebbe a disposizione dei contribuenti tutte le informazioni contenute nelle sue banche dati, compresa l’anagrafe dei conti correnti, per metterlo in condizione di conoscere esattamente quello che l’Agenzia delle Entrate conosce dei suoi redditi e dunque indurlo a pagare delle tasse coerenti con la sua situazione. In pratica un secondo step della dichiarazione pre-compilata. Per risolvere eventuali dubbi, il Fisco metterà a disposizione un contact center per rispondere alle domande. In questo modo l’Agenzia delle Entrate potrà concentrare gli sforzi della lotta all’evasione soprattutto sui casi di frode. In questo schema sarebbe prevista anche una revisione delle norme sul «ravvedimento operoso». Oggi per chi si accorge di un errore nella sua dichiarazione o ha saltato un versamento, può sanare entro un mese versando una sanzione pari a 1/10 del minimo. Se la posizione viene sanata entro un anno si paga una sanzione di 1/8 del minimo. In futuro, in base alla riforma in cantiere nella legge di stabilità, la pace con il fisco potrà essere fatta fino al termine del periodo di accertamento (4 o 5 anni), versando una sanzione via via crescente nel tempo. Sarebbe anche inserita la possibilità di un ravvedimento intermedio, entro i 90 giorni, con il pagamento di una multa pari a 1/9 del minimo. Altre semplificazioni in arrivo riguardano il regime dei contribuenti minimi, le partite Iva. Per loro arriverebbe una tassa a forfait omnicomprensiva, al 15%. Un meccanismo del genere già esiste ma con limitazioni di reddito a 30 mila euro e di età, 35 anni. Entrambe le soglie verrebbero rimosse.

5. Slot machine, meno vincite per recuperare un miliardo

Nella manovra sta per arrivare l’ennesimo ritocco della tassazione dei giochi. Nelle ultime ore è tornata in pista una norma che sembrava destinata a lasciare spazio ad altre misure: l’abbassamento del pay out, la percentuale di raccolta che le slot machine restituiscono ai giocatori, che verrebbe portata dal 74 per cento al 70 per cento. L’operazione dovrebbe permettere, secondo le stime del governo, di incassare circa un miliardo di euro. In pista ci sarebbero comunque anche altri ritocchi, come l’aumento del Prelievo Erariale unico (Preu) su slot machine e Videolotteries. Attualmente, il prelievo è fissato al 5% per le VLT e al 12,7% per gli apparecchi. L'aumento della tassa sui giochi oscillerebbe tra l'1 e il 5 per cento: una possibilità che permetterebbe all'erario di incassare ulteriormente una cifra compresa tra i 470 milioni e 1,350 miliardi di euro. Secondo le stime degli operatori di settore, la misura metterebeb a rischio molte sale slot che già oggi sono ai limiti della sopravvivenza, con la conseguenza di massicci licenziamenti di personale (calcolati nell’ordine di migliaia di posti). Non sarenne invece entrata nel testo finale della stabilità la tassazione delle cosiddette «zone grige», i punti di vendita che fanno capo ad operatori esteri senza concessione ma che operano comunque sul territorio italiano. Tra le ipotesi circolate nelle scorse ora c’era quella di applicare direttamente ai punti scommesse presenti nelle città un perlievo unico erariale sui presunti ricavi da giocate degli ultimi tre anni. Non solo. Con lo stesso meccanismo si sarebbero tassati anche i redditi degli esercenti. La platea interessata sarebbe di ben 8 mila punti vendita. Già lo scorso anno, nella legge di stabilità del governo Letta, si era paventata una misura del genere che, alla fine, non aveva tuttavia visto la luce.

6. Per 149.000 precari della scuola via libera alla stabilizzazione

Arrivano i soldi per stabilizzare 149.000 precari della scuola. Nelle tabelle della legge di stabilità presentate ieri a Palazzo Chigi per questa voce è previsto mezzo miliardo di euro. Ma il premier ha spiegato che la cifra si riferisce «all'indebitamento netto. La misura in realtà vale 1 miliardo e serve ad assumere tutti i 149.000 della graduatorie a esaurimento. È la voce netta non lorda». Il comparto scuola darà molto in cambio in chiave di spending review, 140 ad esempio arriveranno dalla riforma delle commissioni per gli esami di maturità che dal prossimo anno saranno composte solo da insegnanti interni. Stanziati anche i soldi per estendere gli ammortizzatori sociali alle fasce di lavoratori che attualmente sono scoperti, così come previsto nella delega del Jobs act che ha già avuto l’ok dal Senato e che ora è in discussione alla Camera. In particolare il sussidio Aspi dovrebbe essere esteso a tutti i disoccupati anche se da lavoro precario (co.co.pro. e co.co.co). Si tratta di un bacino di oltre un milione di persone. Per questa voce il governo ha reperito un miliardo e mezzo. Con il via libera al Jobs act comunque cambierà anche la funzione degli ammortizzatori sociali: sostegno al reddito sì, ma non senza impegno personale del beneficiario. Come ha ricordato più volte il ministro Poletti sarà rese effettiva anche la clausola di condizionalità, per cui a fronte di un sussidio il disoccupato dovrà rendersi disponibile a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente lavori utili alla comunità. Con una dotazione di 1 miliardo di euro, al termine di un lungo braccio di ferro con i sindacati di categoria, il governo sbloccherà, a partire dal 2015, le retribuzioni delle Forze dell’ordine. Nel dettaglio, i salari di 110 mila lavoratori in divisa, congelati dal 2010, saranno allineati ai reali stati di servizio, di grado e di carriera maturati negli ultimi 4 anni.

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