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Pescara, 24/11/2024
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16/10/2014
Il Messaggero
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Le risorse. Tagli ai ministeri. Sanità, stretta da 2 miliardi. Maggiori imposte su fondi pensione. Il prelievo sale dall’11,5 al 12,5%. La spending review vale 15 miliardi, 6 spettano alle amministrazioni centrali. Dalle Regioni 4 miliardi, congelatigli aumenti del Patto per la Salute |
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ROMA Deficit, tagli e nuove tasse su rendite e giochi. Per recuperare i 36 miliardi necessari (30,9 quelli netti se si escludono le risorse già stanziate nel vecchio provvedimento del bonus) il governo mette mano a tutto l’armamentario possibile. Che la costruzione sia stata complessa, tuttavia, lo dimostra anche l’errata corrige che in tutta fretta il Tesoro ha dovuto consegnare in Parlamento per eliminare dal Def le stime sugli effetti recessivi che la spending review avrebbe avuto sui conti pubblici. Il motivo è chiaro. Nelle slides presentate da Renzi ieri, alla voce tagli di spesa sono iscritti ben 15 miliardi di euro. Anche in questo caso, però, bisogna scomputare i 2,7 miliardi dei tagli già previsti dal precedente decreto sul bonus e conteggiati dal governo nel totale. Ma restano sempre più di 12 miliardi di tagli. Da dove arriveranno? Sei miliardi circa saranno a carico dello Stato, dei ministeri.
GIRO DI VITE
Una cifra elevata e, quasi sicuramente, non limitata al solo taglio del budget dei dicasteri ma allargata a molte delle proposte messe nero su bianco dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, dallo spegnimento delle luci alla razionalizzazione delle Forze di polizia. Uno sforzo pesante sarà chiesto anche alle Regioni. Nei loro bilanci dovranno essere trovati 4 miliardi di risparmi. Secondo Renzi, in realtà, si tratterebbe solo di 2 miliardi, in quanto già a legislazione vigente i budget dei governatori il prossimo anno sarebbero lievitati di 2 miliardi. Tra le righe dovrebbe significare che potrebbe essere bloccato il programmato aumento del Fondo sanitario. Ma anche i restanti due miliardi di tagli potrebbero avere ripercussioni indirette sulla sanità. La sfida sarà riuscire a risparmiare sugli acquisti di farmaci e dispositivi medici, altrimenti l’unica strada sarà quella di aumentare le tasse regionali, come ha ammesso il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. TUTTE LE NOVITA’
Ai Comuni, invece, sarà richiesto uno sforzo minore: 1,2 miliardi di euro. A fronte di questo i sindaci avranno un maggiore spazio nel patto di stabilità interno per un miliardo e il governo si farà anche carico del pagamento delle spese dei tribunali oggi a carico dei Municipi. Un analogo sforzo, un miliardo di euro, sarà richiesto anche alle Province. In questo caso molto si agirà sul personale, che grazie alla riforma Madia potrà essere spostato ad altri impieghi. Ma se l’elenco dei tagli di spesa è lungo, anche le «nuove entrate» daranno un contributo sostanziale alla legge di stabilità. Dalla lotta all’evasione arriveranno 3,8 miliardi di euro. Novecento milioni arriveranno dal «reverse charge», l’inversione contabile, il meccanismo per cui a versare l’Iva in alcuni casi non sarà più il compratore ma il venditore. Da questa misura il governo si attendeva di più, fino a 2 miliardi. Ma l’Europa ha frenato l’allargamento dell’operazione legando le mani al governo. C’è poi un capitolo ribattezzato «fisco amico». La legge di stabilità rivoluzionerà i meccanismi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate ma, contemporaneamente, introdurrà anche dei nuovi meccanismi per fare la pace (a sconto) con il Fisco. La copertura della manovra non sarà tuttavia, solo spending e lotta all’evasione. C’è anche un capitolo, corposo, di nuove entrate. Tradotto significa nuove tasse. Ad essere colpiti saranno innanzitutto i Fondi pensione, per i quali il prelievo salirà dall’11,5% al 12,5% (Renzi ha derubricato questa operazione ad aumento della tassazione sulle rendite, anche se in realtà si tratta di risparmio previdenziale). Stretta anche per le Fondazioni di origine bancaria la cui tassazione agevolata sarà ritoccata. Giro di vite da un miliardo di euro anche sui giochi. Il pay out, ossia la vincita restituita ai giocatori sulle New slot, sarà ridotta dal 74% al 70%. Contemporaneamente dovrebbe essere anche ritoccato il Preu, il prelievo unico erariale che potrebbe aumentare da 1 a 5 punti percentuali a seconda del gioco. Una parte consistente della legge di stabilità, come ampiamente anticipato nei giorni scorsi, sarà comunque finanziata lasciando salire dal 2,2 al 2,9% il deficit del prossimo anno. Un allentamento che da solo vale 11,5 miliardi.
Casa Tassa unica in arrivo, ma i tempi sono da definire Il governo conferma l’obiettivo di fondere Tasi e Imu, la riforma in un collegato o nei decreti della delega fiscale GLI IMMOBILI ROMA Un ritorno all’antico, o meglio al passato recente, quello in cui la tassa sugli immobili si chiamava solo Imu. Ma con un’attenzione particolare da una parte a responsabilizzare gli enti locali, dall’altra semplificare la vita al cittadino. Così insieme all’amplissimo margine di manovra concesso ai sindaci in materia di detrazioni appare destinata a sparire anche la quota della Tasi, variabile tra il 10 e il 30 per cento, posta a carico dell’inquilino o di chi comunque detiene l’immobile pur non essendo il proprietario. LA VIA PIÙ SEMPLICE La semplice riunificazione di Imu e Tasi sembra la via più praticabile per predisporre una normativa che possa entrare in vigore già nel 2015. Più complesso sarebbe inserire nel nuovo tributo anche l’addizionale Irpef, oppure passare ad una vera e propria tassa sui servizi quale quella che era stata abbozzata ma poi sostanzialmente abbandonata nel 2013: di quella impostazione, che doveva servire a differenziare la Tasi sull’abitazione principale dalla vecchia Imu, era sopravvissuta appunto solo la parziale e quasi simbolica imposizione a carico dell’inquilino. I CONSUNTIVI Il nuovo assetto potrebbe essere inserito in un provvedimento collegato alla legge di Stabilità o nei decreti attuativi della delega fiscale. I tempi sono quindi ancora da definire: la volontà del governo di accelerare è chiara, non mancano comunque gli aspetti critici. Intanto gli stessi Comuni non sono convinti della fattibilità in tempi brevi dell’operazione. Visto che anche il 2014 è stato un anno di novità, con il debutto della Tasi avvenuto per giunta con modalità molto confuse, l’Anci preferirebbe basare la costruzione del nuovo tributo sui consuntivi precisi, per evitare errori nella ripartizione del gettito tra i vari enti locali. Se però alla fine il nuovo tributo partirà dal prossimo anno, le amministrazioni comunali dovranno definire in corsa le nuove aliquote in modo da assicurare gli stessi effetti finanziari, compito certo non facile. In ogni caso per i cittadini dovrebbe essere un po’ più facile calcolare l’imposta dovuta e fare i necessari adempimenti. Per gli immobili diversi dall’abitazione principale il pagamento sarà unico, invece che suddiviso tra Imu e Tasi. Del resto anche oggi i due tributi sono legati dal tetto complessivo all’aliquota, attualmente fissato al 10,6 per mille eventualmente incrementabile di un ulteriore 0,8 per mille legato alla concessione di detrazioni a beneficio dell’abitazione principale. Per quel che riguarda quest’ultima dovrebbe mantenere un’aliquota non troppo distante da quella della Tasi nel 2014. POSSIBILITÀ LIMITATE Ma la vera semplificazione per i contribuenti potrebbe arrivare proprio sul fronte delle detrazioni. Oggi i Comuni, con l’obiettivo (non sempre conseguito in pieno) di evitare aumenti di prelievo rispetto a quanto pagato in passato sull’Imu, prevedono un range di detrazioni quanto mai ampio: in genere decrescenti al crescere della rendita catastale, ma anche in alternativa legate alla situazione familiare o anche al reddito personale misurato attraverso l’Isee. Nello scenario futuro è invece previsto il ritorno ad una detrazione nazionale unica per l’abitazione principale (quella per l’Imu era fissata in 200 euro più 50 per ciascun figlio) o quanto meno un drastico disboscamento delle attuali combinazioni: i sindaci avrebbero a disposizione due o tre variabili da incrociare in modo limitato.
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