ROMA La stretta fiscale sui Fondi pensione - messa nero su bianco nella legge di Stabilità - rischia di dare un colpo mortale al risparmio previdenziale. Squilibrando ancora di più un sistema già in una situazione a dir poco precaria. L’incremento dall'11,50 al 20 per cento della tassazione – spiega Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione – è un chiaro segnale di sfiducia verso la previdenza complementare, fondamentale per integrare le pensioni pubbliche che, in prospettiva, saranno sempre più magre». Del resto è noto che la spinta verso i Fondi pensione, proprio con l’incentivazione fiscale, aveva uno scopo preciso: orientare risorse private per dare equilibrio ai trattamenti pensionistici futuri. «Non è un mistero - aggiunge Simone Bini Smaghi, vice direttore generale di Arca sgr e tra i massimi esperti del settore - che penalizzando i Fondi non si aiutano i giovani a costruirsi un paracadute pensionistico, visto che le stime per gli assegni dei prossimi anni, diciamo per la generazione dopo i baby boomers, indicano una riduzione di almeno il 40-50% rispetto a chi lascia oggi». Un tema centrale ma che non è ancora sotto i riflettori.
PORTA STRETTA
E in effetti il problema è tutto qui. «Il nodo vero - sottolinea Tronconi - riguarda la tenuta complessiva del sistema pubblico e la sua capacità di rispondere alle esigenze di chi esce dal mondo produttivo. O si dice esplicitamente che non ci saranno problemi in prospettiva oppure si spiega che dopo 20 anni di dibattiti per spingere e invogliare i giovani ad essere previdenti, adesso invece li si punisce». Ma penalizzare la pensione fai da te - continua - è un errore gravissimo di visione perchè solo uno strumento di questo tipo può salvaguardare il tenore di vita futuro.
A giudizio di Tronconi e Bini Smaghi il governo, varando la manovra, ha in fondo contraddetto una linea d’azione ben precisa, tradendo una promessa fatto ai tempi dell’esecutivo Amato. Non solo. I Fondi previdenziali, penalizzati fiscalmente, si guarderanno bene da indirizzare risorse per favorire la crescita, incanalando il risparmio previdenziale verso infrastrutture e investimenti di medio lungo periodo.
In effetti, prima del varo della legge di stabilità, il governo, anzi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, aveva avuto tutta una serie d’incontri per sollecitare il sistema-previdenza a investire in infrastrutture nel paese. Ora - - dice Tronconi con amarezza - quel piano diventa inattuabile, a meno che in sede parlamentare la manovra venga corretta in corsa. I fondi, così come le Casse previdenziali, erano pronti a fare la propria parte, a destinare cioè ingenti risorse in investimenti per colmare il gap infrastrutturale del Paese».
IL RETROSCENA
Fondi e Casse, infatti, avevano ricevuto garanzie su un fisco «clemente». Invece, come noto, c’è stata la doccia gelata. «Abbiamo dato la nostra massima disponibilità a investire nel fondo, aveva infatti ribadito proprio l’altro ieri Renzo Guffanti, presidente di Cassa dottori commercialisti, davanti alla Commissione di vigilanza sugli enti, «sempre se saranno rispettati gli impegni assunti in merito all'autonomia, alla fiscalità e alla governance». Impegni che, a questo punto, sono stati ampiamente disattesi.
LA PLATEA COINVOLTA
Ma cosa rischia il comparto con il nuovo salasso fiscale? Difficile fare previsioni, di certo però per gli oltre 10 milioni di lavoratori interessati alla previdenza integrativa, costruirsi un alternativa alla pensione Inps sarà più difficile e oneroso. Così come è evidente che tutto il settore dei Fondi (in pancia hanno circa 100 miliardi) non riuscirà a recuperare terreno rispetto agli analoghi strumenti finanziari che operano all’estero e dove contribuiscono all’incremento dell’economia reale.