ROMA Napolitano blinda la manovra e Renzi alza i toni dello scontro con gli enti locali, attacca la Fiom che minaccia l’occupazione delle fabbriche e si dice sicuro che l’Ue non avvierà una procedura d’infrazione sulla manovra. «È da vent’anni che pagano solo le famiglie e ora che paghino anche Comuni e Regioni», afferma il premier in un’intervista al Tg1 rispondendo alle critiche dei presidenti. Pochi margini dunque sembrano esserci per la trattativa con le Regioni che pure, con Chiamparino, hanno cercato di recuperare un confronto. E ancor meno spazio nei confronti del sindacato che ieri ha riempito piazze importanti come Bologna e Torino. Renzi punta il dito contro le Regioni che subiranno tagli per 4 miliardi e che minacciano di non essere in grado di garantire i servizi. «È inaccettabile tagliare i servizi sanitari» replica il premier, ma invece le Regioni devono «tagliare gli sprechi» a partire da «qualche primario o vice primario nelleAsl in meno». Ma l’allarme delle Regioni rimane e non si tratta solo di un teatrino di tweet ma di sanità e trasporti anzitutto. «È penoso e grottesco» pertanto lo scambio di cinguettii tra Chiamparino e il premier, commenta Nichi Vendola, paventando che se passa la manovra così com’è le Regioni dovranno consegnare le chiavi a Palazzo Chigi. Chiamparino, presidente del Piemonte e della Conferenza delle Regioni, dopo le polemiche di giovedì (si dice che il premier non risponda più ai suoi sms) assicura che, comunque, una proposta c’è, capace di rispettare il saldo dei 4 miliardi di taglio. «Ma il grado di complessità tecnico è molto elevato e richiede un confronto per il quale occorre un mandato politico che deve venire da un incontro a Palazzo Chigi». La Finanziaria ieri ha comunque ricevuto l’autorevole sigillo di Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato dice che nella legge di stabilità «ci sono misure importanti per la crescita». Giovedì prossimo potrebbe tenersi comunque l’incontro tra le Regioni e gli enti locali con il governo. «Discutiamo con tutti, figuriamoci se non discutiamo con i presidenti delle Regioni» ma queste «facciano la loro parte» anche perché «hanno qualcosa da farsi perdonare» dice ancora Renzi. La protesta però cresce e non ha toni vellutati. «Se la manovra dovesse essere confermata nella sua rozza algebra io penso che sarebbe opportuno consegnare le chiavi dei governi regionali a Palazzo Chigi» commenta Nichi Vendola. Perché le Regioni e gli enti locali vengono da un periodo di tagli anche piuttosto severi: tra il 2011 e il 2013 ne sono stati effettuati per oltre 41 miliardi e mezzo. I calcoli parlano ora di tagli per 930 milioni per la Lombardia, 400 per il Veneto e il Lazio, 450 per Toscana e Piemonte, 90 in Liguria solo per la Sanità, 130 in Calabria. «Non ci sto a farmi mettere in un angolo nella lotta agli sprechi - attacca Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana - ognuno guardi bene a casa sua. A Palazzo Chigi, a Montecitorio, gli stipendi dei manager sono ancora altissimi. Quelli dei direttori generali dei ministeri lo stesso». In realtà la questione è più ampia denuncia Roberto Maroni, presidente della Lombardia, secondo il quale la legge di stabilità «avrà conseguenze catastrofiche» nella sua Regione dove «si rischia la chiusura di almeno dieci ospedali, l’aumento dei ticket, delle addizionali Irap e Irpef e tagli a infrastrutture e trasporti». Il presidente veneto, Luca Zaia, annuncia la presentazione di un ricorso contro i tagli. Anche il Consiglio regionale della Sardegna si schiera compatto contro le scelte del governo approvando un ordine del giorno all’unanimità. Il ministro dell’Economia Padoan ritorna sulla possibilità che le Regioni siano costrette ad aumentare le tasse: sono autonome, commenta. Il ministro dice inoltre che la via maestra per abbattere il debito è la crescita «senza la quale non avremo mai conti in ordine». Per questo «la Ue capirà» le misure del governo.