ROMA Il Tfr in busta paga rischia in molti casi di annullare il bonus da 80 euro. Per questo il governo è pronto a modificare la norma inserita nella legge di stabilità nella versione definitiva che sarà trasmessa domani al Quirinale. Il problema è che la liquidazione inserita nel cedolino mensile potrebbe far salire il reddito del lavoratore oltre i 26 mila euro, soglia oltre la quale cessa il diritto ad incassare gli 80 euro del bonus Irpef. Secondo le modifiche allo studio di Palazzo Chigi, tuttavia, questo rischio dovrebbe essere superato. L’effetto finale dovrebbe essere a saldo zero. Le due poste, anzi, si sommeranno permettendo ad esempio ad un lavoratore con un reddito di 24 mila euro lordi annui di far crescere complessivamente il suo salario netto di 180 euro al mese. Nel provvedimento che il governo sta definendo nei dettagli dovrebbe trovare posto quindi una sorta di clausola di salvaguardia che indicherà in maniera chiara «l'invarianza di prelievo fiscale» a carico del contribuente. Vale a dire che nel caso in cui, per effetto dell'ingresso del Tfr sulla retribuzione, il reddito sfondasse quota 26 mila euro (il tetto massimo oltre il quale il bonus sparisce) non cambierebbe assolutamente nulla e il lavoratore continuerebbe ad incassare tranquillamente i suoi 80 euro. Che dal prossimo anno, è bene ricordarlo, cambieranno veste e da credito d’imposta verranno trasformati in detrazioni fiscali a partire da 8 mila euro.
ULTIMI CONTEGGI
In queste ore i tecnici del governo stanno facendo i conti sull’impatto che il Tfr in busta paga potrebbe avere sulle scelte dei cittadini. La misura è riservata ai dipendenti privati e, secondo alcune stime, potrebbero essere 2 milioni a cogliere l’occasione. Gli uomini del premier Renzi sono convinti che la maggiore disponibilità di denaro potrebbe dare una spinta ai consumi piatti che caratterizzano questa difficile congiuntura economica. È innegabile che la scelta di applicare la tassazione ordinaria Irpef sulla retribuzione integrativa penalizzerà i redditi superiori ai 15mila euro. L'aliquota media attualmente applicata al Tfr è infatti compresa tra il 23 e il 26%, mentre l'Irpef sull'imponibile che supera i 15 mila euro parte dal 27% e cresce con gli scaglioni di reddito fino al 43%. Ma secondo le valutazioni che vengono fatte a Palazzo Chigi, nella fascia di reddito compresa tra 15 e 24 mila euro, l'aggravio in busta paga rispetto al trattamento riservato ai Tfr con il calcolo differito è limitato a 30-60 euro all'anno. E c'è da considerare che con la legge di Stabilità l'imposta sostitutiva sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto passerà dall'11 al 17%. Resta intanto confermato l'impianto della riforma. Chi opterà per il Tfr in busta paga compierà una scelta irreversibile fino al primo semestre del 2018 e comincerà a vedere la retribuzioni aggiuntive a marzo con un conguaglio a copertura del primo trimestre del 2015. A partire da aprile, la liquidazione affluirà invece con cadenza mensile. Esclusi dall'operazione le colf, i lavoratori del settore agricolo, i dipendenti di aziende in crisi o con una procedura concorsuale aperta. La riforma continua però a suscitare diffuse perplessità. Ieri Unimpresa ha osservato che «mettendo insieme le misure relative al comparto previdenza e Tfr si scopre che liquidazioni e pensioni sono state oggetto di un pesante intervento tributario. La prima stangata - si legge in una nota - riguarda i lavoratori che lasceranno il Tfr in azienda: il trattamento fiscale peggiora, poiché è stata aumentata la tassazione sulla rivalutazione delle liquidazioni. Il secondo intervento colpisce chi vorrà intascare mese per mese il Tfr: in questo caso il rateo mensile della liquidazione non verrà assoggettato alla tassazione separata (che ha aliquote più favorevoli), ma dalle aliquote Irpef corrispondenti al suo livello retributivo; dal 23% fino al 43% a cui vanno aggiunte le addizionali comunali e regionali.