ROMA «Dal primo gennaio 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1.500 euro al mese ma anche a tutte le mamme, o i papà, per i primi tre anni di vita del loro figlio». Camicia bianca, maniche arrotolate e cravatta, Matteo Renzi si presenta nello studio di Domenica Live e, rispondendo alle domande di Barbara D’Urso, annuncia che il governo è intenzionato ad aiutare le famiglie con un “bonus bebè” destinato a chi guadagna fino a 90mila euro annui e che dovrebbe costare allo Stato circa mezzo miliardo di euro. «So cosa vuol dire comprare pannolini, biberon e spendere per l’asilo. È una misura che non risolve un problema ma è un segnale» dice il premier, che entra in studio con passo spedito, sorriso smagliante e stringe le mani agli ospiti che sono in prima fila. Barbara e Matteo si danno del tu, il pubblico applaude e c’è anche un siparietto musicale: «Il mio cantante preferito? Francesco Guiccini». Il botta e risposta riguarda tutti i temi che sono al centro dello scontro politico. La conduttrice ricorda le forti critiche giunte soprattutto dalle Regioni alla legge di stabilità ma il premier risponde con una alzata di spalle e tira dritto. «Se le Regioni sono arrabbiate gli passerà. Con calma, senza fretta...» taglia corto il premier, che prova a minimizzare la rivolta esplosa tra gli amministratori locali e difende con i denti la legge di stabilità che oggi sarà portata al Quirinale per la controfirma del capo dello Stato. «Le Regioni, i sindacati, i magistrati. Sono tutti arrabbiati ma io non ho la verità in tasca. Faccio un sacco di errori, ma cambiare l’Italia non è un giocattolino. Sono otto mesi che siamo al governo, o facciamo uno sforzo insieme o l’Italia non ha futuro». L’intervista fila liscia, senza intoppi. La D’Urso ricorda che le Regioni contestano i tagli ai loro bilanci e fanno sapere che se non ci saranno modifiche si vedranno costrette a tagliare i servizi per i cittadini, a cominciare dalla sanità. Un’ipotesi che il presidente del Consiglio non vuole nemmeno prendere in considerazione. «Tagliare i servizi della sanità è vergogna solo dirlo. Altro è dire che forse ci sono troppe Asl, o che ci sono troppi supermanager o che una siringa in una parte d’Italia costa x e in altre il doppio». Un ragionamento che porta Renzi a sottolineare lo sforzo del governo compiuto con la manovra per favorire una crescita che stenta a decollare. E i riflettori si accendono sui 18 miliardi di tasse in meno («Sono tanti soldi») e sull’annunciato taglio dell’Irap. «C’è da ridurre la tassa sul lavoro perché oggi un imprenditore paga un sacco di soldi, ma molti non arrivano al lavoratore. La spesa dell’imprenditore se la mangia lo Stato. Mettiamolo a dieta. Sono i 6 miliardi per l’Irap» puntualizza il premier, per il quale è arrivato il momento di «mettere da parte tutte le bandierine dei singoli schieramenti» per concentrarsi sulla «madre di tutte le battaglie: il lavoro». E si passa al Tfr. Renzi spiega che sarà il lavoratore a decidere se inserirlo in busta e definisce «molto saggia» la soluzione individuata. A Domenica Live si parla anche di Genova e il premier coglie l’occasione per lanciare una frecciatina a Grillo. «Non ci sono andato dopo l’alluvione perché non mi andava di fare la passerella del dopo. Credo che abbia sbagliato chi è andato a fare campagna elettorale... Io andrò quando i lavori saranno partiti» annuncia Renzi, che ringrazia tutti «i bellissimi ragazzi che spalano fango» ma non assolve il presidente della Regione Liguria che ha detto a un cronista “farete una brutta fine”. «Burlando ha sbagliato. È stata una frase infelice ma non credo che debba dimettersi...»