ROMA Slitta l’approdo al Colle della manovra per la firma del Capo dello Stato. Il testo della legge di stabilità sarebbe dovuto arrivare ieri, come annunciato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, al Quirinale. Ma fino a notte inoltrata i tecnici di Palazzo Chigi e quelli del Tesoro erano ancora al lavoro sulla limatura del provvedimento. Molti capitoli non erano ancora chiusi. A cominciare dal bonus bebé annunciato da Matteo Renzi domenica a Canale 5. Come spesso accade il premier ha preso in contropiede le strutture tecniche deputate a scrivere le norme che hanno dovuto lavorare per tutta la giornata di ieri. Ma non è stato l’unico passaggio.
I NODI PIÙ DELICATI
Nelle stesse ore in cui da Bruxelles filtrava la volontà del presidente uscente della Commissione, Barroso, chiedere all’Italia un aggiustamento strutturale pari allo 0,5 per cento del Pil, invece che lo 0,1 (e dunque implicitamente sei miliardi di misure aggiuntive) altri nodi più delicati sono stati oggetto d’esame, a cominciare dai tagli ai ministeri. Molti dei ministri coinvolti nella sforbiciata (la cui regia è rimasta saldamente nelle mani di Palazzo Chigi) hanno tentato di avere le tabelle allegate alla legge di stabilità nelle quali saranno indicati i tagli di spesa che dovranno subire. Una ricerca che fino alla tarda sera di ieri, per molti si è rivelata vana. Altri ritocchi sono in cantiere, come quello annunciato dal consigliere economico di Palazzo Chigi, Yoram Gutgeld al Corriere della Sera, di ritoccare da 6.200 fino a 8.060 euro la franchigia per gli sgravi triennali che saranno concessi alle imprese che assumeranno nel 2015 giovani utilizzando il contratto a tutele crescenti del jobs act. Sul piatto degli sgravi contributivi il governo ha deciso di mettere 1,9 miliardi di euro. L'azzeramento dei contributi, secondo i calcoli, arriverebbe fino a circa 19.000 euro di salario. La platea teorica sarebbe quindi di circa 300.000 lavoratori, ma in concreto saranno, secondo il governo, molti di più: oltre 800.000.
IL NEGOZIATO
Intanto prosegue sottotraccia la trattativa con le Regioni per la rimodulazione del maxi-taglio da 4 miliardi complessivi. Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte e della Conferenza Regioni, ha detto che intende negoziare con il premier Renzi «a testa alta». Ed è anche entrato nel merito, suggerendo una riduzione delle spese relative alle strutture territoriali dello Stato, come le prefetture ed altri uffici. Tema, che come ha ricordato allo stesso Chiamparino Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione, è in realtà inserito non nella legge di Stabilità ma nel disegno di legge di riforma della Pa.
L’incontro con il governo, indicativamente previsto per giovedì, potrebbe però slittare alla prossima settimana. Le posizioni sono ancora distanti ma si delinea il terreno di mediazione: da una parte la rinuncia da parte dei governatori ai due miliardi tagliati rispetto al previsto incremento del Fondo sanitario nazionale (e dunque non sulla spesa effettiva), dall’altra lo spostamento su voci diverse della quota restante, in modo che non risultino penalizzati i servizi. Ieri Massimo Garavaglia, assessore al Bilancio della Lombardia e coordinatore dei suoi colleghi ha anche lamentato un ulteriore effetto negativo di 450 milioni a seguito della riduzione della base imponibile Irap. Le posizioni appaiono in parte differenziate anche all’interno del fronte leghista, con Zaia deciso a mantenere un atteggiamento intransigente e Maroni più propenso a trovare una mediazione.