ROMA L’Italia torna in piazza. Precari, disoccupati, operai, studenti, pensionati si sono dati appuntamento per domani a Roma raccogliendo l’appello della Cgil. Vengono da tutta Italia, con treni speciali, pullman e aerei e persino una nave da tutte le regioni. Le adesioni aumentano e il conto di almeno 120mila partecipanti certi è destinato ad aumentare. La Cgil non diffonde numeri, ma l’obiettivo è quello di mobilitare un milione di cittadini. Pensionati resi più fragili dalla crisi accanto a precari che forse la pensione non l’avranno, ai lavorartori e agli studenti.Chiedono investimenti nella scuola e nella ricerca, scelte coraggiose di politica industriale, la possibilità di tornare a pensare al lavoro come diritto e non privilegio, di poter programmare la propria vita, alzando lo sguardo da un presente che angoscia. “Libertà, Dignità, Uguaglianza. Per cambiare l’Italia”, lo slogan che identifica i temi della manifestazione organizzata dalla Cgil per contestare il jobs act e la politica economica del governo Renzi. «Saremo in piazza per smascherare le bugie del governo - ha detto Susanna Camusso - Abbiamo uno straordinario bisogno di cambiare il Paese» e la molla di questo cambiamento è il lavoro. Il governo «sta immaginando un futuro di poveri» per il nostro Paese. Intanto contro il jobs act oggi sciopera l’Unione sindacale di base: possibili disagi in tutta Italia nei servizi pubblici, scuola e trasporti. Per il settore trasporti alla protesta aderirà anche l'Or.sa.
Protestiamo perché il futuro - #nonmelopossopermettere
ROMA Gianluca Scuccimarra, lei è coordinatore dell’Unione degli Universitari. Perché scendete in piazza? «Perché dal governo finora non abbiamo avuto risposte concrete su ricerca, scuola, università e accesso al mondo del lavoro. Il jobs act è un unione di spot che non aiutano i giovani. Per creare occupazione non basta cambiare le regole del contratto, bisogna ripartire dall’istruzione, dobbiamo puntare sulla innovazione. Occorre investire nell’università per far ripartire la ricerca». Avete scelto come slogan-hashtag #nonmelopossopermettere, citazione dalla canzone di Caparezza. Perché? Perché la nostra generazione si vede preclusa una serie di possibilità che invece i nostri genitori avevano e che i nostri coetanei europei hanno. Per esempio, la possibilità di accedere all’istruzione: in Italia abbiamo più del 50% per cento di corsi universitari a numero chiuso. Per non parlare della difficoltà all’acceso al lavoro.Per questo diciamo che il futuro #noncelopossiamopermettere ». Cosa chiedete al governo? «Un orientamento nelle scuole superiori: molto spesso gli universitari sono fuori corso perché non hanno le idee chiare. Poi l’apertura del numero chiuso e più finanziamenti. L’Italia investe 500milioni nel diritto allo studio, mentre in Francia e in Germania oltre due miliardi». Lei si sta per laureare in informatica a Parma, la preoccupa l’accesso al lavoro? Cercherà un impiego anche all’estero? Cercherò lavoro in tutti i modi possibili. Proverò a mandare i curricula, proverò i concorsi. I curricula non si mandano solo in Italia, ma anche all’estero. Noi siamo la generazione Erasmus, non ci spaventa l’idea di andare fuori. Solo che l’estero dovrebbe essere una possibilità in più, non l’unica speranza.
LA PRECARIA
«Basta contratti senza tutele. Il lavoro non è un privilegio»
ROMA Gli anni di precariato diventano decenni; la ricerca di un posto di lavoro dignitoso, tutelato e pagato si impantana in contratti senza ferie e malattia. «Pensione? Io non l’avrò. Sono biologa, con dottorato e master. Lavoro in università a Sassari, mi occupo di ricerca, e sono precaria da 23 anni» racconta Patrizia Marongiu. Parte dalla Sardegna, «isola disperata, dove il lavoro non c’è e non si fa nulla per crearlo, dove aumentano le file alla Caritas e per risparmiare non si va dal medico». Per raggiungere piazza San Giovanni, «partiamo in tanti, in nave, in aereo, ci paghiamo il viaggio per far sentire la nostra voce». «Ho avuto tutte le forme contrattuali previste dal mio ordinamento, accedendo per concorso - racconta -, sottopagate e senza tutele. Come me, la maggior parte di chi lavora in università e nei centri di ricerca, perché mancano finanziamenti, il jobs act è già in prova». Perché manifesta a Roma? «Perché ci stanno togliendo tutti i diritti portandoci dalla lotta di classe alla lotta interclasse. Il governo ha deciso di stare dalla parte delle grandi aziende. E mette i lavoratori gli uni contro gli altri. Chi ha la cassa integrazione viene quasi considerato un privilegiato. Bisogna pensare al lavoro stabile che permetta di programmare la propria vita. E invece si smantella non solo lo Statuto dei lavoratori ma anche la Costituzione che mette al centro il lavoro e la dignità del lavoratore. La dignità di chiedere non un privilegio ma un diritto: lavorare pagati e tutelati». Cosa pensa del bonus di 80 euro per le neomamme? «È uno spot. Si promette un bonus ma non si dà la possibilità di fare figli. Non ci sono asili, le rette sono alte, i ticket sanitari aumentano. Nei colloqui tornano in auge domande per sondare l’intenzione di diventare madre. Mettendo uno contro l’altro anche i generi, maschile e femminile».