ROMA Poco dopo le 10, arrivati con il corteo proveniente da Piramide davanti al Colosseo, Igor, Doria e il loro bambino, Andrea, 10 anni, si fermano per fare una pausa al sole. Vengono da Lugo, provincia di Ravenna. «Siamo veterani delle manifestazioni della Cgil, da oltre venti anni non ne manchiamo una - racconta Igor - ci saremo anche alla prossima, quella dei lavoratori dei servizi pubblici, ma confesso di avere ultimamente meno fiducia. C’è un clima di rassegnazione, continuiamo a partecipare ma quasi come servisse a noi stessi, per ritrovarci, non perché pensiamo davvero di poter cambiare le cose». Poco dopo le 14 quando l’intervento di Susanna Camusso chiude la manifestazione organizzata a Roma dal sindacato contro il Jobs Act e piazza San Giovanni comincia a svuotarsi, Igor Gianoncelli della Fillea Cgil di Sondrio è entusiasta: «È un successo strepitoso, anche per spaccato sociale, siamo un milione di persone. Ci sono studenti e pensionati, lavoratori e nuovi precari. Una piazza vecchia e al tempo stesso nuova. L’esatto contrario dei partecipanti alla Leopolda. Ora però tutto questo va capitalizzato, deve diventare un inizio per costruire un Paese nuovo». In mezzo, tra la prima e la seconda testimonianza, ci sono tutti gli umori della dimostrazione che ieri ha riempito di bandiere e palloncini rosso-Cgil Roma. “Lavoro” è la parola più pronunciata, seconda solo a “Renzi”. I cortei (l’altro era da piazza Repubblica) e poi il raduno abbracciano più fasce d’età e anche di lavoratori. Ci sono tanti pensionati, ma anche studenti, volti giovani a cui vengono lasciati i primi posti sotto il palco dove si succedono interventi di operai, precari, pensionati, immigrati, studenti. Bruno Concas fa ancora le superiori ed è venuto da Cagliari con la nave insieme alla Rete degli studenti Eureka. «Siamo qui anche per difendere il diritto al lavoro, ci sentiamo chiamati in causa». «Un’esperienza positiva - commenta Nicolò, universitario di 20 anni, arrivato da Terni, al momento di tornare al pullman che lo riporterà a casa - anche se gli interventi della Cgil erano troppo autoreferenziali». E poi ci sono i lavoratori, tanti precari. Come Riccardo, chimico di 31 anni, dalla Sardegna si è trasferito a Bologna e non riesce a trovare un impiego stabile: «Se vengono messe in atto le politiche economiche di questo governo temo di restare precario», dice. Giusi, bracciante agricola ha fatto un lungo viaggio in treno da Palermo. «Al momento ho lavoro - racconta - ma è una soluzione temporanea. Quello che contesto a Matteo Renzi è di non rendersi conto di quanto i lavoratori stiano soffrendo e soprattutto di non aver intessuto con loro alcun dialogo». La composizione sociale nuova della manifestazione emerge in un sondaggio effettuato da Tecnè in piazza: oltre due terzi dei partecipanti non è iscritto alla Cgil. Il 58% ha meno di 44 anni e solo poco più di un terzo (il 37%) ha un contratto a tempo indeterminato. Il 48% ha il diploma e il 16% la laurea. Sventolano nei cortei e in piazza bandiere “No tav”, “Pace”, negli striscioni si legge “Difendiamo lo statuto dei lavoratori”, “Renzi rottamatore senza reintegro”, “Se tocchi l'articolo 18 qui succede un 48”, “Libertà è partecipazione”. Le scritte sulle magliette dei pensionati sono “Lavoro ai giovani”, ma anche “Nonni per il lavoro”. Quelle dei giovani: “Il mio lavoro non è una merce”. E poi: “Cambia verso sui diritti, non andare contromano”. Una manifestante indossa una maschera di Renzi e un mantello su cui si legge “Supermatt”. Gira anche una bara nera con scritto in bianco: “R.i.p. Statuto dei lavoratori 1970” e “Jobs Act seppellisce i diritti dei lavoratori”.