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Pescara, 24/11/2024
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28/10/2014
Il Messaggero
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Pd, la sinistra frena sulla scissione.All’indomani del duello tra piazza Cgil e Leopolda, Renzi rilancia la sfida: «Oltre i dem c’è già qualcosa... vale il 4,3%»
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ROMA Scissione? No, grazie. Com’era prevedibile, alla manifestazione Cgil di sabato ha fatto seguito il più classico dei seguiti: «Come dare sbocco politico a quel corteo?». Se lo è chiesto Nichi Vendola, tra i più interessati alla prospettiva, dopo che i ponti con il Pd renziano si sono rotti senza rimedio. Il problema è che proprio dalla Cgil e dalla Fiom non ne vogliono sapere di fornire massa critica per operazioni politiche di dubbia riuscita oltre che di dubbio spessore. Della cosa si è accorto anche Matteo Renzi, che dal palco della Leopolda ha di fatto incitato se non alla scissione, all’autoallontanamento di alcuni esponenti del Pd che hanno partecipato al corteo e poi sono pure saliti sul palco di Susanna Camusso. «Matteo distingue nettamente tra la piazza, che rispetta, e il palco, che rispetta meno», spiega Roberto Giachetti: «Non è che si può assistere come se nulla fosse a dirigenti del tuo partito che vanno in piazza a gridare “è ora di cambiare, il governo Renzi se ne deve andare”, questa non è rottura della disciplina, è anarchia politica, quando noi eravamo in minoranza non facevamo così». LE POSIZIONI
La parola scissione circola e continuerà a circolare, «il fatto che se ne parli tanto vuol dire che qualcosa c’è», riconosce Matteo Orfini. Ma dalle parti del Nazareno non è che non dormano la notte: «Dire che se ne vanno Fassina, Civati e qualcun altro non è scissione. Scissione è un’operazione politica che coinvolge settori, militanti, circoli, culture politiche, tutto quanto manca al movimento in atto». E per tre-quattro parlamentari che possono andar via, ecco che Gennaro Migliore uscito da Sel per entrare nel Pd ne porta dentro una decina, con Andrea Romano che ha fatto la stessa cosa sul versante montiano. Del resto, lo stesso Renzi ha di nuovo sfidato la minoranza su un eventuale soggetto a sinistra dei dem: «C’è già qualcosa a sinistra del Pd che alle europee ha preso il 4,3% mentre il Pd il 40». Ed è già all’opera il duo Lotti-Guerini per una operazione di campagna acquisti non alla ricerca di singoli parlamentari e personalità da far aderire al Pd, ma per creare le condizioni idonee alla formazione del “grande Pd”, corollario del voto alla lista e non alla coalizione nell’Italicum, con l’obiettivo di raggiungere da soli il 51%, come ha annunciato Dario Nardella, successore di Renzi a Firenze: «Con il Pd a vocazione maggioritaria possiamo puntare a raggiungere il 51%, basta con i cartelli elettorali che si sfasciano il giorno dopo le elezioni». Ecco dunque le minoranze pigiare il piede sul freno e annunciare di non avere alcuna intenzione di andarsene. Dal momento che Bersani e bersaniani se ne stanno tranquilli, così come i giovani dalemiani entrati pure in segreteria, le premesse per rompere indugi al momento non ci sono. Se poi Maurizio Landini decidesse sul serio di scendere in politica, il quadro potrebbe cambiare, ma anche in quel caso tornerebbe il dilemma sollevato da alcuni colleghi a Cuperlo, Civati e soci: «E’ meglio fare la minoranza nel Pd o confluire in Sel e sparire?». Il problema interno al Pd adesso si sposta in Parlamento. Ci sono due passaggi decisivi: il Jobs act e la legge elettorale. Per l’Italicum, oltre al voto alla lista anziché alla coalizione, è pronta la contro-clausola per estendere anche al Senato la nuova legge («ma in quel caso si confermerebbero i sospetti che Matteo vuole andare a votare», riconoscono i renziani). Sul Jobs, lo scontro annunciato è in commissione, «là c’è pure la Polverini che sull’art.18 è più oltranzista di Damiano e Fassina», dicono nel Pd. I numeri in commissione potrebbero ballare, ma se il testo non passa a ballare potrebbe essere la legislatura. E sempre in Parlamento si muove qualcosa sulla Consulta, con il Pd che non si impicca sul nome di Luciano Violante: «Se serve per superare il blocco - dice Renzi - i nomi si cambiano». E non è escluso un incontro, sul tema, tra Pd e M5S.
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