Quasi 500 esuberi dei 12mila dipendenti complessivi, quasi tutti impiegati attualmente sul comparto della gomma. Un organico che in due anni passerà da 12.184 a 11.686 dipendenti. Numeri previsti per il 2016 che si aggiungono ai tagli previsti per i chilometri dei bus (compresi i notturni -25%) che, dopo la revisione della rete che terminerà entro la prossima primavera, segneranno qualche milione di chilometri in meno con una rivisitazione complessiva delle linee e una riduzione del parco bus di 200 mezzi. Chilometri che saranno compensati con la metro, compresa la nuova C. Sono alcuni dei dati contenuti nella bozza del piano industriale di Atac, che oggi l’assessore ai trasporti e mobilità del Comune Guido Improta dovrà presentare alla III Commissione capitolina convocata in mattinata nella sala riunioni di largo Lamberto Loria.
Un progetto che traccia le linee guida che dovranno traghettare l’azienda capitolina di trasporto pubblico, oberata dai debiti accumulati negli ultimi 10 anni, assestati a quota 1,7 miliardi di euro, dal 2015 al 2019, quando secondo i regolamenti Ue ci sarà la completa apertura del mercato del trasporto pubblico locale. Numeri ovviamente mal digeriti dai lavoratori e non visti di buon occhio anche dai sindacati.
IL CONTO ECONOMICO
Ma anche se il piano affronta l’argomento esuberi, quantificato quindi in circa 500 eccedenze, il 4% della forza lavoro complessiva, lo stesso documento ritiene difficile una loro ricollocazione, perché - spiega - non ci sono strumenti disponibili. Il riferimento è alle cosiddette «risorse liberabili», che consentirebbero all’azienda di raggiungere una riduzione strutturale del costo del lavoro, ma di fatto impraticabile per l’inesistenza di ammortizzatori sociali. Un piano industriale quindi che assomiglia a una versione teorica, una serie di linee guida ad seguire per evitare il fallimento di Atac, con un conto economico che si ferma a fine 2016, quando il bit dovrebbe essere aumentato. E con un contratto di servizio comunale che passerebbe dai 423milioni di euro del 2014, ai 524milioni nel 2016.
Entra nel progetto anche la revisione complessiva dell’orario di lavoro. Per gli autisti sarebbe necessario un aumento delle ore medie settimanali di guida da 32 a 36, con un incremento della punta massima a 7,15 ore, rispetto alle attuali 6,20, che equivale a un incremento produttivo del 12,5%. Mentre per il personale del metroferro - sempre secondo la bozza - occorrerebbe raggiungere una condotta effettiva a turno pari a 900 ore annue. Un incremento di produttività e di costi complessivo stimato in circa il 20%.
GLI EXTRA
Un piano che prevede (oltre ai cosiddetti «autofinanziamenti» con la gestione dei parcheggi, l’aumento del costo degli abbonamenti) il versamento di circa 40 milioni in più dal Comune (per adeguamenti strutturali e messa a norma impianti) e 13 milioni in più dalla Regione (per garantire le agevolazioni tariffarie). Questa cifra dovrebbe essere compensata dall’incremento dei chilometri percorsi su ferro (tra il 2014 e il 2016) pari a circa 16 milioni di vetture-km.
«Ci vuole un’unica agenzia per il tpl»
Ridefinire il rapporto tra sindacati e Atac, attraverso il rinnovo, dopo 7 anni, della rappresentanza aziendale e la costruzione di un nuovo accordo che preveda un «visibile ridimensionamento delle agibilità sindacali, eliminando il turno ad hoc degli attivisti» e, nel contempo, istituire un'azienda unica regionale del tpl, ad intero capitale pubblico, che riunisca trasporto su ferro e su gomma, capace di arrivare al 2019, data in cui scadrà il contratto di servizio, «nelle condizioni più appropriate in termini di efficienza, solidità e sostenibilità, per essere in grado di aggiudicarsi, senza dubbi né sorprese, la gara per l'affidamento del servizio». Sono le proposte avanzate dalla Filt Cgil di Roma e Lazio, alla vigilia della presentazione del piano industriale Atac in commissione. «Un piano - sostiene Cgil - sul quale non c'è stato un reale confronto con le parti sindacali».