La chiusura della redazione abruzzese del Tempo apre una ferita lacerante nel tessuto civile della nostra regione. Questa è una testata che ha contribuito, in maniera sostanziale, alla formazione della storia del giornalismo in Abruzzo. Decine di colleghi si sono formate a questa scuola: alcuni portano nomi altisonanti nel panorama dell'informazione, e non solo, italiana. La lista sarebbe lunga, ma veramente tanti di loro hanno dedicato una vita intera all'elevazione culturale della nostra professione. Non possiamo e non dobbiamo disperdere questa sostanziosa eredità. Lo dobbiamo alla memoria dei giornalisti che hanno fatto grande il giornale, ma anche alle centinaia di collaboratori, vecchi e nuovi, che attraverso le sue pagine hanno contribuito a far crescere civilmente, socialmente e culturalmente la regione. La decisione di un editore di origine abruzzese di scrivere la parola "fine" sul giornale che ha raccontato la sua terra, il suo piccolo paese della Marsica; che ha narrato le storie di vita di uomini e donne, anche ai più umili, dignità di interpreti della storia sociale dell'Abruzzo; che ha dato voce al mondo della politica facendola sentire fin dentro i palazzi del potere capitolino; che ha rappresentato i bisogni esistenziali e le aspirazioni di una terra ricca di talenti ma orfana di risorse strutturali per riscattarla da una condizione di sottosviluppo, ebbene una tale decisione grida vendetta da parte di tutta la società abruzzese. Per questo oggi - l'Ordine dei Giornalisti, il Sindacato dei Giornalisti abruzzesi e l'Unci (Unione dei cronisti italiani) - saranno nella redazione del Tempo non per assistere all'agonia di una redazione ma per decidere insieme altre forme di lotta che devono porre la "vertenza informazione" al centro delle politiche regionali. L'Abruzzo non può rimanere senza voci, ne va del suo sviluppo e della crescita democratica della sua società. Il Tempo d'Abruzzo non può morire il 31 ottobre del 2014. Dal vissuto professionale di questi colleghi e dalla tradizione di questo giornale che dobbiamo trarre lo spirito necessario per portare avanti una battaglia per il pluralismo dell'informazione in Abruzzo. Guai a pensare o liquidarla come semplice questione corporativa: la contrazione degli spazi di libertà (e che spazio è quello occupato dal Tempo!) è sempre un colpo invalidante per l'intera società civile, a prescindere dalle visioni personali coincidenti poco o punto con le linee editoriali del giornale. Non capire tale fondamentale assunto, che trae origine dalla storia del pensiero democratico della civiltà moderna e contemporanea, significa non esercitare appieno e convintamente l'esercizio della delega democratica (per i politici) e la formata consapevole cittadinanza (per l'opinione pubblica). Oggi, insieme ai giornalisti e ai collaboratori-giornalisti, ai precari e ai cittadini, vogliamo riaffermare questo principio che non sarà né semplice né facile far passare in un contesto politico e istituzionale che, solo parzialmente, ha mostrato sensibilità su questi tempi. Del resto la via per l'affermazione della libertà di critica e di pensiero nel nostro Paese è costellata anche di lapidi, vere e simboliche, di giornalisti e giornali che hanno pagato con l'esistenza il prezzo della nostra libertà. La "vertenza informazione" dovrà avere alcuni punti irrinunciabili per rilanciare un settore che sta subendo un processo di ristrutturazione come mai è avvenuto in passato. Oggi i giornalisti e i collaboratori del Tempo stanno pagando un tributo troppo gravoso a livello personale e lo stanno facendo con grande dignità professionale e umana.