Il 24 settembre annuncia l'abbandono. L'addio anticipato potrebbe essere derivato da liti interne alla confederazione ma sulla questione nessuno dà risposte. Dal 2006 al 2011 la retribuzione dell'ex dirigente ha raggiunto cifre record, ben oltre il tetto massimo dei grandi manager di Stato
Un segretario generale del secondo sindacato italiano che guadagna 336mila euro l’anno costituisce una curiosità. Soprattutto se non è chiaro come ha guadagnato quella cifra. Se quel segretario si chiama Raffaele Bonanni, poi, la curiosità si dilata al quadrato. La cifra è superiore al tetto per i grandi manager di Stato (240 mila), pericolosamente vicina a quei grandi dirigenti contro cui Bonanni ha spesso puntato il dito. E spiega più chiaramente il motivo delle sue dimissioni anticipate dalla segreteria
della Cisl, piombate all’improvviso nella vita del sindacato cattolico e nel dibattito politico e sindacale. Raffaele Bonanni avrebbe dovuto lasciare la segreteria della Cisl, a cui
era stato eletto nel 2006, fra pochi mesi. Eppure il 24 settembre scorso decise di anticipare la sua uscita. Stanchezza politica, si è scritto, oppure indisponibilità a essere additato come il rappresentante di una storia vecchia e conservatrice, quella sindacale, secondo il copione redatto dal premier Matteo Renzi. Ma forse, anche il frutto
di una faida interna alla Cisl fatta di lettere anonime, velate minacce, dossier che sono passati nelle mani dei vari dirigenti.
Uno di questi dossier Il Fatto lo ha potuto leggere e racconta una storia beffarda, fatta di un aumento vertiginoso dello stipendio dell’ex segretario proprio a ridosso dell’anno in cui, il 2011, decide di andare in pensione. Beneficiando così a pieno del sistema retributivo ed evitando di finire nelle maglie della imminente riforma Fornero. Il dato sulla pensione di Bonanni è stato già reso noto. L’ex sindacalista, infatti, percepisce dal marzo 2012 la pensione (numero 36026124) dall’importo
lordo di 8.593 euro al mese. Al netto delle trattenute si tratta di 5.391,50 euro mensili. Qualcosa che nessun lavoratore medio si può permettere. Nei giorni dell’addio alla
segreteria, Bonanni ha giustificato tali importi sempre allo stesso modo: si tratta del frutto di 46 anni di lavoro dipendente, con contributi regolarmente versati, quindi niente di speciale. Inoltre, va ricordato, Bonanni è riuscito a sfuggire, grazie all’anzianità lavorativa, alle modifiche operate nel 1995 dalla riforma Dini che introdusse il sistema contributivo, quello poi esteso a tutti i lavoratori dalla riforma Fornero. Sistema basato sul principio: “Tanti contributi hai versato, tanto sarà l’assegno pensionistico”.
Con il sistema retributivo, invece, la pensione si calcolava sulla base della media degli ultimi anni di retribuzione: cinque anni prima della riforma Dini, casistica in cui Bonanni rientra in quanto a quella data aveva superato ampiamente le 18 annualità contributive richieste. Su questo particolare scatta la vicenda di cui stiamo dando conto.
Il sindacalista, oggi senza incarichi pubblici, viene eletto segretario generale della Cisl nel 2006. Fino a quella data era segretario confederale e guadagnava meno di 80 mila euro lordi l’anno. 75.223 nel 2003, 77.349 nel 2004 e 79.054 nel 2005. Quando diventa segretario generale, secondo il regolamento interno alla Cisl, il suo stipendio viene incrementato del 30%. Quindi, secondo le regole interne, avrebbe dovuto guadagnare circa 100mila euro lordi annui. Nel 2006, la Cisl dichiara all’Inps una retribuzione
lorda, ai fini contributivi, di 118.186 euro. Un po’ più alta di quella prevista ma non di molto. Le stranezze devono giungere con gli anni seguenti. Nel 2007, infatti, la retribuzione complessiva dichiarata all’Inps è di 171.652 euro lordi annui. Che aumenta ancora nel 2008: 201.681 annui. L’evoluzione è spettacolare, gli incrementi retributivi di Bonanni sono stati del 45% e poi del 17%. Ma la progressione continua: nel 2009, la retribuzione è di 255.579 (+26%), nel 2010 sale “di poco” a 267.436 (+4%) mentre
nel 2011 schizza a 336.260 con un aumento del 25%.
Siamo alla vigilia della domanda di pensione che, dicono i suoi critici, Bonanni riesce a presentare prima del varo della riforma Fornero. E così, beneficiando di una carriera
contributiva davvero ampia – 46 anni – e potendosi basare sulle ultime cinque retribuzioni d’oro riesce a conquistare una cifra nemmeno lontanamente sognata da qualunque altro sindacalista. Prendiamo l’esempio di un “pari grado” di cui Il Fatto si è già occupato, Guglielmo Epifani. La sua pensione è di “soli” 3.400 euro mensili netti anch’essi
peraltro frutto di uno scatto improvviso di 800 euro al mese maturato nel 2005 alla vigilia di presentare la domanda pensionistica. Anche qui, gli ultimi cinque anni sono stati utilizzati per alzare la retribuzione senza che il Comitato direttivo della Cgil ne sapesse nulla.
E qui c’è il punto che spiega, forse, la fuoriuscita improvvisa dalla Cisl di Bonanni. Chi ha deciso questi scatti, questi aumenti progressivi? La Cisl preferisce non commentare. Quando Bonanni si dimise il sindacato di via Po si limitò a ricordare che negli ultimi anni il segretario aveva percepito degli arretrati, la liquidazione del fondo pensione integrativo (che quindi si aggiunge all’assegno dell’Inps) e altri benefit legati alla sua retribuzione. Questi emolumenti, però, non figurano nella retribuzione ai fini Inps e comunque non avrebbero potuto essere così ampi. Negli ultimi cinque anni, infatti, Bonanni ha percepito un ammontare complessivo di 1.230 mila euro invece dei 600mila spettanti secondo il regolamento. Il doppio. Sentito dal Fatto, l’ex segretario Cisl ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Nella Cisl la discussione prosegue sotto traccia.