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Data: 31/10/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Manganellate e giravolte della storia di Ferdinando Camon

Bisogna interrogarsi seriamente, molto seriamente, sulle manganellate calate sulle teste degli operai, a Roma. Per ribadire anzitutto questo: è un diritto sacrosanto degli operai manifestare, quando vedono minacciato il loro posto di lavoro. Il posto di lavoro vuol dire la vita, di chi lavora, della moglie, dei figli. Licenziare centinaia di operai, e pretendere che questi incassino in silenzio, vuol dire considerarli anime morte: ci fu un tempo in cui gli operai erano anime morte, comprati in blocco con l'azienda, venduti con l'azienda, licenziati a voce, senza diritto di sapere nulla. Non era democrazia. Adesso la democrazia permette a coloro che hanno delle proteste da manifestare, che lo possano fare, previa informazione alle forze di polizia, loro autorizzazione, e rispetto dei limiti autorizzati. Nella società dominata dai media, tutti abbiamo il diritto-dovere di seguire la manifestazione, e, se qualcuno sgarra, vedere chi è e perché lo fa. Qui le forze che si sono scontrate avevano questi ruoli: gli operai, di fare la manifestazione; la polizia, di garantirla e proteggerla. Dove sta scritto che la polizia deve sempre intervenire contro chi manifesta? La polizia non è dei padroni o del governo: è dello Stato, cioè di tutti. Finita l'operazione, la polizia ci deve dire, e ce lo deve mostrare, cosa è successo, e se qualcosa è andato male, di chi è la colpa. Qui molte cose sono andate male. E non ci viene mostrato chi è il colpevole. Questo è intollerabile. Nei filmati, si vede che le cariche della polizia scattano appena la massa degli operai, circa mezzo migliaio, si muove da piazza Indipendenza. La polizia dice: «Volevano andare alla stazione Termini e occuparla, non potevamo permetterlo». Il segretario della Fiom, Landini, che guidava gli operai, dice: «Mai pensato a occupare la stazione Termini».
Poiché c'è scappata una mezza dozzina di feriti sanguinanti, si può sapere perché sono stati picchiati? Per impedire l'assalto alla stazione? Adesso l'accusa è che fosse soltanto un sospetto. Si può picchiare, e spaccare le teste, per un sospetto? In un video si vedono tre manifestanti caduti a terra e bastonati dall'alto. Questa non è una "operazione di alleggerimento", questa è una carica punitiva. Questo scontro tra operai e polizia somiglia tanto a quelli che scoppiavano una volta, quando il governo era di destra e gli operai di sinistra. C'era rabbia politica, in quegli scontri. La polizia era la longa manus del potere economico-politico destrorso, e gli operai erano il braccio del Pci. C'era incomprensione tra i due estremi, e c'eran due linguaggi per raccontare lo scontro, un linguaggio filogovernativo e uno filosindacale. Era straziante, per chi parteggiava per gli operai, sentire il racconto governativo. Ci sentivamo spaccati, cittadini di una patria dilaniata. Tempi che non vorremmo mai più rivivere. E invece, non è che sono proprio quei tempi che ritornano? Ancora una volta, il sindacato sta (palesemente) con gli operai e (incautamente) contro il governo, il governo sta (cautamente) nel mezzo. Il sindacato parla di manganellate governative: "Renzi non deve abbassare i toni, deve abbassare i manganelli". È questa la novità del dramma, che fa più male di tutto. Una volta questi scontri operai-polizia erano scontri tra padronato e lavoro, cioè tra destra e sinistra, adesso sono scontri tra governo e sindacato, cioè tra due componenti della sinistra. Queste giravolte della storia fanno star male, ma la più grande sofferenza è provocata dalla mancanza di chiarezza, dalla difficoltà di capire. Stiamo facendo uno sforzo gigantesco e doloroso per uscire da una società impiantata male. L'idea di Renzi è che anche la Sinistra sia impiantata male e bisogni uscirne, e che le due uscite siano una sola. Ferdinando Camon

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