Fino al 2012 Atac dichiarava 117 milioni di chilometri-vettura (fonte Atac) percorsi ogni anno coi mezzi di superficie, autobus, tram, filobus e veicoli elettrici, con 945 milioni di passeggeri trasportati (250 milioni, invece tra metro e ferrovia). Una cifra scesa improvvisamente nel 2013 a 106 milioni (con un nuovo conteggio), tagliata nel 2014 a 103, e che a fine anno scenderà ancora a 101, tagli che riguarderanno anche 498 dipendenti, tra autisti e interinali. Negli ultimi 10 anni di gestione, i bilanci di Atac hanno segnato vari deficit di esercizio che hanno portato l’azienda ad accumulare debiti per 1,7 miliardi di euro, con scarse manutenzioni ai mezzi (metro, treni e bus) e alla rete, rimasta spesso al buio (soprattutto al metro) per il mancato adeguamento. Ma anche ai treni: secondo alcune fonti interne, quasi la metà delle carrozze non avrebbe fatto la revisione generale a un milione e mezzo di chilometri, il che significa che quasi la metà dei convogli è fuorilegge dal punto di vista manutentivo anche se «è garantita comunque la sicurezza». Proprio su questo fronte, oggi, ci sarebbero altri problemi: in molti tratti delle gallerie (hanno denunciato alcuni macchinisti, consentendoci di verificare la cosa) le luci che illuminano i tunnel sono rotte o spente «perché manca la manutenzione». Se la metro dovesse essere improvvisamente evacuata potrebbe sorgere qualche problema per chi si troverà costretto a camminare al buio in quei tratti.
IL SERVIZIO
La revisione delle linee bus voluta da Improta, che ha alleggerito il servizio, invece, non accontenta i pendolari. Sono circa un centinaio le linee soppresse, o integrate finora. E siamo appena a metà del piano che terminerà a primavera. Ma la razionalizzazione, oltre ad aver «regolarizzato le corse», come spiega l’azienda, ha lasciato sguarniti alcuni tratti, «soprattutto nelle periferie», come lamentano molti cittadini. Resta poi la questione dei bus rotti, fermi nelle rimesse per la mancanza dei pezzi di ricambio. Un bus su tre resta in deposito. Dei 2.266 mezzi ospitati negli 11 garages di Atac, 680 mediamente restano fermi ogni giorno, con percentuali che variano a seconda della rimessa, in alcuni casi superando il 50%: un bus su due fermo in deposito. Accade per esempio a Porta Maggiore dove la scorsa settimana i mezzi in uscita erano appena del 47%, solo 41 funzionanti degli 88 presenti. Male anche a Trastevere e ad Acilia, dove i bus guasti superavano il 40%. Le situazioni migliori riguardano Tor Pagnotta (solo il 19% di bus indisponibili o guasti, 40 su 220) e Portonaccio (21%, 46 su 223). Un decremento peggiorato negli ultimi tre anni, con la mancata fornitura di nuovi bus per ovvi problemi di soldi e del mancato arrivo dei pezzi di ricambio. E così saltano le corse, vengono ridotti i chilometri percorsi, spesso lasciando appiedati gli autisti.
FUTURO INCERTO
Intanto ai debiti di Atac verso banche e fornitori, oggi, si aggiungono i soldi per la ricapitalizzazione, auspicata nell’ultimo bilancio per evitare il crac della società di Tpl. La soluzione dettata dal codice civile, quindi, è l’iniezione di nuovi fondi da parte del socio unico (il Comune), o il fallimento. E qui la strada si divide. La corrente legata a Improta vorrebbe salva l’azienda, ma c’è chi starebbe spingendo per portare i libri in tribunale e ottenere l’amministrazione straordinaria, meglio conosciuta come «legge Marzano». In questo modo verrebbero affidati al commissario la gestione e l’amministrazione dei beni di Atac. Una conseguenza disastrosa per le banche che vantano crediti e interessi milionari, e per gli altri creditori. Ma un’azienda così ripulita diventerebbe un piatto molto appetibile per chiunque.