ROMA Occhio al presente, ma anche al futuro. E quindi fari puntati sul Tfr in busta paga, sulla pensione complementare e sull’aumento dell’Iva come conseguenza delle clausole di salvaguardia. Il primo giorno di audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, mette in evidenza alcuni punti critici della legge di Stabilità targata Renzi. Sul banco degli imputati finisce una delle misure maggiormente sponsorizzate dal premier: la possibilità di chiedere l’anticipo del Tfr in busta paga. Secondo il vicedirettore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, «è cruciale che sia mantenuta la temporaneità del provvedimento, motivato dalla fase congiunturale eccezionalmente avversa». Per il resto l’istituto di via Nazionale ritiene «condivisibile» lo scenario macro economico, apprezza il «significativo» taglio del cuneo fiscale e le risorse destinate a istruzione e mercato del lavoro.
Il problema del Tfr non è tanto quello sollevato finora dai sindacati del trattamento fiscale (aliquota ordinaria anziché tassazione separata) al quale verrebbero assoggettate le somme confluite in busta paga, ma quello del futuro pensionistico dei lavoratori che sceglieranno questa opzione, soprattutto se di basso reddito o giovani. Come è noto, il Tfr può alimentare i fondi pensione integrativi, considerati il vero salvagente per molti lavoratori, i quali altrimenti tra occupazioni precarie, metodo di calcolo contributivo e carriere discontinue, rischiano di trovarsi con pensioni da fame o comunque «non adeguate». Bankitalia quindi suggerisce due cose: la «temporaneità» del provvedimento (la legge di Stabilità prevede 3 anni); regole più trasparenti e invio della cosiddetta “busta arancione” «per consentire ai lavoratori di effettuare una scelta consapevole».
EQUILIBRI IN BILICO
Pesante potrebbe essere anche l’impatto degli aggravi fiscali sui rendimenti dei fondi pensione (dall’11,5% al 20%) e sulle polizze vita. Inasprimenti che - dice Aldo Minucci, presidente Ania, associazione delle imprese assicuratrici - «penalizzano le scelte compiute dai lavoratori e dagli assicurati, in un’ottica di lungo termine». Per l’Ania occorre mantenere un trattamento fiscale agevolato almeno pari a quello dei titoli di Stato (12,5%).
Molte le perplessità anche sulle clausole di salvaguardia che nel 2016 rischiano di far lievitare l’Iva e le accise sui carburanti. Per Bankitalia - che pure dice che le clausole «rafforzano la credibilità» dell’impegno sul risanamento dei conti - una tassazione così elevata potrebbe incentivare l’evasione. Bene il taglio del cuneo, anche se le minori entrate Irap - avvertono Bankitalia e Corte dei Conti - potrebbero causare problemi per le Regioni. Giudizi positivi dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Si alza il piede dal freno, ma serve azione più decisa sugli investimenti pubblici».
Intanto arrivano buone notizie dal Tesoro: il fabbisogno del settore statale ad ottobre è migliorato di 3,5 miliardi rispetto allo stesso mese del 2013 (8,5 contro 12,065), e di 11,3 miliardi nei primi dieci mesi dell’anno.
Palazzo Chigi: fra tre anni si torna al regime attuale
ROMA Nessuno, a palazzo Chigi, ha storto il naso. Per il governo l’audizione del vicedirettore generale di Bankitalia, Federico Signorini, sulla legge di stabilità «è buona e positiva». E non irrita il governo neppure la bacchettata sul Trattamento di fine rapporto (Tfr) in busta paga, l’invito di palazzo Koch a rendere la misura temporanea, in modo da evitare che l’adesione dei lavoratori a basso reddito produca «pensioni non adeguate». E questo perché il provvedimento, frutto di un’intesa con l’Abi, è considerato «temporaneo e provvisorio» anche da Matteo Renzi e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
«Dopo i tre anni previsti dalla legge di stabilità», spiega Filippo Taddei, responsabile economico del Pd e consigliere del premier, «l’idea è quella di tornare al sistema attuale». A palazzo Chigi, infatti, dicono di essere «consapevoli che se fosse resa permanente la destinazione del Tfr in busta paga, per forza di cose andrebbe ripensato l’intero comparto della previdenza integrativa, il famoso secondo pilastro, che verrebbe privato di una componente essenziale». «Ma al momento», confermano fonti vicine al premier, «non c’è alcuna volontà di andare oltre ai tre anni previsti dalla legge di stabilità. Questa misura è stata adottata per fronteggiare la recessione, dare una spinta ai consumi e dunque cercare di favorire la ripresa economica. Superata la crisi, non ci sarà più bisogno di destinare il Tfr in busta paga». «E Bankitalia», aggiunge Taddei, «ha colto con la sua analisi lo spirito dell’iniziativa del governo: una misura straordinaria per fronteggiare una situazione eccezionale».
Non c’è un ministro economico o un consigliere che accrediti la tesi di una retromarcia. Di un passo indietro viste le perplessità che ha suscitato il provvedimento sul Tfr e le difficoltà nell’attuarlo. Per tutti la misura che Bankitalia chiede sia provvisoria, «è già provvisoria». «Tanto più», spiega un altro consigliere del premier «che solo grazie all’intesa con l’Abi è stato possibile reperire le risorse per evitare che il provvedimento gravasse sulle aziende».
Nessun commento invece su un’altra osservazione di Signorini, quella sul taglio dell’Irap che ridurrebbe «l’autonomia finanziaria delle Regioni». Su questo fronte Renzi non intende fare sconti.