È il 2015 il punto debole del rifinanziamento dei fondi per la ricostruzione privata post sisma dell’Aquila, annunciato lunedì in un incontro con la stampa dai maggiorenti della governance locale: 5,1 miliardi da qui al 2020 che diventano 6,22 con le vecchie risorse ancora disponibili. Inoltre, resta fuori dal «maxi annuncio» tutto il misterioso comparto della ricostruzione pubblica per la quale, a oggi, non c’è un euro.
IL TESORETTO
Sommando il vecchio e il nuovo, per l’anno prossimo c’è a disposizione un tesoretto di 384 milioni di euro, ben lontano dagli 800 ottimali e anche dai 600 minimi del fabbisogno annuale previsto dalle tabelle del cronoprogramma redatto dal comune dell’Aquila. «La novità è che potremo anticipare l’impegno sulla competenza, attraverso il meccanismo delle anticipazioni - spiega il sindaco, Massimo Cialente, provando a chiarire i dubbi sulla propria bacheca Facebook -. Con quello e con il meccanismo Abi (l’Associazione bancaria italiana che accredita i contributi per i lavori in due rate da 46% e 44% prima del saldo al 10% finale, ndr), potremo tener il passo del nostro cronoprogramma, nel capoluogo e nelle frazioni». Anche in conferenza ci si è subito affrettati a chiarire che il bottino verrà integrato con il meccanismo dell’anticipazione al 2015 di una parte delle risorse 2016-2017, che in totale sono oltre 2,2 miliardi, grazie a deliberazioni del Cipe per bisogni di cassa, ma la riuscita del giochetto non è scontata. Ci vorrà, quindi, una nuova battaglia politica a chiedere fondi, stavolta di cassa, ossia fisicamente presenti nei conti correnti, ma è difficile pensare che il Comitato interministeriale stanzi un anticipo così grosso da più che raddoppiare le somme già previste. E poi, visto che di soldi in generale ne sono stati programmati, e tanti, ora, viene da chiedersi come mai non si sia agito direttamente adesso, programmando un quantitativo già ad hoc per l’anno prossimo. A parziale scusante, il fatto che quando partono i cantieri non servano da subito ingenti risorse da anticipare alle ditte, che verranno via via saldate, o almeno si spera, negli anni seguenti con gli stati di avanzamento dei lavori (Sal). Però il conto a oggi è questo: 384 milioni ci sono, almeno 416 mancano all’appello.
L’EFFETTO
Un’altra curiosità è che i fondi annunciati nella nutritissima conferenza stampa e spifferati nei giorni e nei minuti precedenti da vari esponenti democrat erano stati redatti nelle tabelle della finanziaria e vagliati dalla Ragioneria generale dello Stato per la bollinatura inevitabilmente prima che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firmasse l’autorizzazione alla presentazione alla Camera dei deputati del disegno di legge del governo, e questo è avvenuto il 23 ottobre. Per 10 giorni, insomma, o nessuno si è accorto dei nuovi 5 miliardi, o qualcuno lo sapeva e ha taciuto in attesa dell’annuncio a effetto.