Erano stati da tutti invocati per tagliare i costi della politica e le spese. Ma eccetto il recente passo delle Camere di commercio Chieti-Pescara ai buoni propositi non è seguito nulla: perché?
L’AQUILA Asl, Comuni, Università, Enti regionali, consorzi industriali, Camere di commercio, associazione degli industriali. La corsa all’accorpamento non risparmia alcun settore. E’ la crisi, bellezza. L’impressione, però è che, se da un lato la società civile (insomma, chi si rimbocca le maniche ogni giorno per fronteggiare spese, progetti, cantieri, fornitori, tasse e bollette, che siano cittadini o imprese) ha capito che per sopravvivere si deve razionalizzare, dall’altro la politica continui a fare muro contro il cambiamento riproponendo i soliti rituali. L’Abruzzo ne è un chiaro esempio, e vediamo perché. Camere di commercio. La giunta della Camera di commercio di Chieti due giorni fa ha detto sì alla fusione con l'ente camerale di Pescara. Un voto che apre ora a un percorso di riorganizzazione che porterà alla condivisione di servizi, personale e, probabilmente, sedi. L’accorpamento dei due enti camerali rientra nell’operazione di riordino delle Camere di commercio italiane che dimezzerà il loro numero (dalle attuali 105 a una sessantina), creando realtà locali con un bacino di almeno 80mila imprese. In Abruzzo le Camere passeranno da quattro a due: è atteso l’accorpamento fra L’Aquila e Teramo. Remore si registrano, tuttavia, nell’Aquilano, dove soltanto qualche giorno fa, durante la presentazione del rapporto abruzzese sull’economia e la società del Cresa, il direttore dell’ente camerale, Lorenzo Santilli, ha criticato la volontà riorganizzativa del governo: «Le Camere di commercio svolgono un ruolo di sostegno e sviluppo alle imprese a costo zero per lo Stato». Intanto, il voto di approvazione dell’accorpamento fra gli enti camerali di Chieti e Pescara è stato criticato dalla Cna Chieti e da Rete Imprese. «Abbiamo fatto una fusione che tutti auspicavano», ribatte il presidente della Camera di Commercio di Chieti, Silvio Di Lorenzo, «occorre ora proseguire nel processo di accorpamento da realizzare entro il 31 dicembre. Le imprese potranno così avere un ente più vicino alle loro esigenze». E a ricordare che la riorganizzazione camerale è una “indicazione nazionale”, è anche il presidente della Cciaa di Pescara, Daniele Becci. Consorzi industriali. Sei dei sette consorzi industriali della regione sono confluiti nell’Arap (Azienda regionale delle aree produttive) dallo scorso aprile. A restare fuori è il consorzio di Pescara-Chieti, in quanto sovra-indebitato e forse destinato a essere liquidato. Per tutti gli altri, la “fusione” ha riguardato la centralizzazione dei servizi, e anche se è prematuro per quantificare i risparmi, ci saranno sicuramente economie di scala. Le sei unità operative corrispondenti agli ex consorzi restano in piedi con funzione amministrativa. Al momento la sede dell’Arap è a Pescara, dove si riunisce il Cda (composto da un presidente e due consiglieri). Si punta a razionalizzare il personale. Sanità. Si sono spesi fiumi di inchiostro e tanto fiato intorno a un’altra boutade definita “giornalistica” dal governatore Luciano D’Alfonso. Anche se dalla Regione non emerge ancora un’aperta volontà di abortire un eventuale accorpamento fra Asl per portarle da quattro a due (quella L’Aquila-Teramo, fino al settembre scorso, sembrava si stesse concretizzando), difficile dire che ci sia ancora un interesse a razionalizzare gli enti che più di ogni altro assorbono (e disperdono) risorse pubbliche. Il 5 settembre in visita all’ospedale Mazzini di Teramo, D’Alfonso disse: «L’accorpamento L’Aquila-Teramo è una divagazione teorica che per fortuna ha potuto riempire colonne di giornali». L’assessore alla Sanità Silvio Paolucci rimanda di qualche tempo la necessità di affrontare la questione: «Due giorni fa c’è stato un tavolo dei sindaci in cui ci siamo focalizzati sugli adempimenti da svolgere per gli investimenti in sanità, in particolare sull’edilizia sanitaria. Quanto a eventuali accorpamenti, se ne riparlerà nel momento in cui ci sarà una nuova programmazione sanitaria regionale». Insomma, tutto rimandato. Di accorpamenti fra Asl, forse, se ne riparlerà a 2015 inoltrato. Comuni. Solo 55 Comuni abruzzesi hanno aderito alla gestione associata e sono tutti inclusi nelle sette Unioni di Comuni. Proprio nei due giorni scorsi c’è stata a Milano la 31ª assemblea nazionale dell’Anci, a tratti animata e agitata, alla quale ha preso parte anche il neo-presidente dell’Anci Abruzzo, Luciano Lapenna. «In Abruzzo non siamo all’anno zero nella fusione fra Comuni», ricorda, «ma certo si deve fare di più: in attesa dell’arrivo della legge promessa dal governatore D’Alfonso (che ha annunciato una legge per la coesione territoriale in 180 giorni per agevolare le operazioni, durante l’incontro di pochi giorni fa organizzato a Pescasseroli dal movimento civico “Ripensiamo il territorio”, ndr) la Regione deve darci mezzi e risorse umane, ad esempio proveniente dalla razionalizzazione dell’Arssa e delle comunità montane». Tra i servizi condivisi dalle sette unioni di Comuni: lo sportello unico alle attività produttive, lo sportello unico dell’edilizia, quello per i vigili urbani, la stazione unica per gli appalti delle opere pubbliche. Basterà?