ABRUZZO. Ricorsi respinti e in parte inammissibili. Per il momento Gianni Teodoro e Giorgio D’Ambrosio non entreranno in Consiglio regionale.
I due avevano presentato un ricorso al Tar avverso la proclamazione degli eletti e a meno che non decidano di impugnare i due verdetti il palazzo della Regione resta per loro off limits.
L’ex sindaco di Pianella, D’Ambrosio, aveva contestato l’elezione del sindaco di Pescina, Maurizio Di Nicola, difeso in giudizio dall’avvocato Herbert Simone.
Il primo contestava la presunta erronea attribuzione dei voti a Di Nicola nella circoscrizione di L’Aquila.
Il motivo del ricorso, però, è stato ritenuto inammisibile perché D’Ambrosio, candidato nella circoscrizione Pescara, non era candidato nella circoscrizione aquilana e inoltre D’Amborsio non avrebbe motivato il divario dei voti tra lui e il concorrente «salva una neutra e generica contestazione sul fatto che il Centro Democratico avrebbe eletto il candidato di Pescara, invece di quello de L’Aquila, se a quest’ultimo fossero mancati 250 voti di lista».
I giudici fanno notare che le presunte erroneità di voti attribuiti si fermano a 26 preferenze «del tutto indifferenti sugli esiti impugnati».
E’ stata inoltre ritenuta «manifestamente infondata» la questione di costituzionalità dell’articolo 17 della legge regionale Abruzzo 9/13 che prevedono un sistema di ripartizione dei seggi con il metodo dei resti alla lista circoscrizionale di un determinato partito che abbia avuto, fra tutte e quattro le liste provinciali, la cifra elettorale residuale percentuale più alta.
I giudici sottolineano che si tratta «di un meccanismo correttivo rimesso alla insindacabile discrezionalità del legislatore regionale, così che le ipotesi alternative descritte dal ricorrente».
BOCCIATURA ANCHE PER TEODORO
Non è andata meglio, come detto, a Gianni Teodoro (Regione Facile), che invece ha contestato l’elezione di Alessio Monaco difeso dagli avvocati Fausto Troilo, Vincenzo Colalillo, Stefano Crocetta, Antonio Marcello Boschetti.
Teodoro consultando i dati delle attribuzioni dei voti aveva rilevato che in alcune sezioni elettorali non aveva conseguito alcun voto e in altre aveva conseguito un numero di preferenze inferiori rispetto a quelle attese e previste.
In particolare aveva puntato il dito contro la discrasia tra voti di preferenza conseguiti in 170 sezioni elettorali del pescarese per le elezioni regionali rispetto alle preferenze ottenute nella sola città di Pescara alle Comunali (svoltesi nello stesso giorno).
Come candidato sindaco, infatti, Teodoro aveva ricevuto un superiore numero di voti.
Il candidato ha contestato anche l’«irragionevolezza e contraddittorietà» dell’attività compiuta dal seggio elettorale», contestando la presenza «di numerose cancellatura, correzioni, abrasioni, aggiunte in spazi esterni a quelli previsti per l’inserimento dei dati, che non rende intellegibile l’attività di scrutinio, nonché la mancanza di motivazione delle ragioni di nullità delle schede elettorali».
Dubbi anche sul fatto che nella circoscrizione Pescara n. 3, vi siano state «ben 29.759 schede nulle». Da qui la richiesta di verificare tutte le schede.
Monaco si è costituito contestando «la genericità delle censure», tesi sposata anche dai giudici che hanno ricordato che «ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze», bisogna indicare «circostanze concrete, la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate, le sezioni di riferimento, onde evitare che il ricorso si trasformi in una inammissibile richiesta di riesame generale delle operazioni di scrutinio dinanzi al giudice amministrativo».
Invece per il collegio giudicante Teodoro non avrebbe indicato «quali siano in concreto i vizi che affettano le contestate operazioni elettorali», ma si è limitato a chiedere un riconteggio, «genericamente ed in toto», di tutte le schede dichiarate nulle e un nuovo scrutinio delle schede di votazione di tutte le sezioni.