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Pescara, 24/11/2024
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Data: 11/11/2014
Testata giornalistica: Il Centro
«Vergogna, vergogna li avete riuccisi». Le reazioni dei familiari delle vittime e degli studenti «Volevamo solo giustizia, ma lo Stato si è autoassolto»

Ora che fuori è notte e l’aula è vuota si vede proprio bene che manca la scritta «La legge è uguale per tutti», che pure sta in ogni tribunale. Faccio un giro per vedere se magari è nascosta, ma non c’è. Staccato pure il crocifisso. Ma non certo il calvario di chi resta. Di chi quella notte l’ha passata. E forse se ne pente ancora oggi. Vallo a dire ai familiari delle vittime, ai loro amici, agli altri aquilani fino a poco fa stipati qua dentro, appesi alle parole di una sentenza di Appello che sotto terra ci mette pure tutte le loro speranze di giustizia. «Vergogna-vergogna-vergogna». È il grido di dolore, l’ennesimo, che rimbomba in quest’aula schermata a tal punto dall’esterno che qui dentro non prende neppure il cellulare. «Giustizia volevamo, solo giustizia», dice una donna che stringe i pugni dalla rabbia e fa suo il lamento della vedova del Vangelo di Luca capitolo 18 («Fammi giustizia contro il mio avversario»). «Ma che coscienza hanno, questi? Ma non ce l’avete, voi una coscienza?». E c’è chi evoca scenari di una sentenza politica. «Ecco il patto del Nazareno». Quindi il lamento più lancinante: «Ce li avete ammazzati un’altra volta». Pianti, grida, singhiozzi. O meglio. Altri pianti, altre grida, altri singhiozzi. Oggi come Quella Notte. E come domani. E dopodomani. E ancora. Mentre guardo la gente piangere e abbracciarsi rivedo scene già viste in altre parti d’Italia piegate da catastrofi e tragedie rimaste senza colpevoli. O quasi. «Non è colpa di nessuno-non-è colpa-di-nessuno», sento ripetere come un mantra da chi quel dolore non lo cancellerà mai. Quando, alle 17,15, la giudice Fabrizia Ida Francabandera pronuncia la parola «assolve», in prima fila cade un cellulare. E con esso pure quelle che a molti, finora, sembravano certezze. Il magistrato stacca gli occhi dal foglio e guarda la gente soltanto quando pronuncia la formula assolutoria «perché il fatto non sussiste». Poi rielenca uno a uno i nomi delle vittime, sia chi è dentro sia chi è fuori dal processo. Enumerazione e distinguo dolorosissimi quanto doverosi, almeno secondo le regole del codice. Giulio Selvaggi in camicia bianca piange mentre abbraccia la moglie. Bianco pure il fazzoletto che spunta dal taschino dell’avvocato Franco Coppi. Bernardo De Bernardinis, invece, si caccia la testa tra le mani ripensando a quel giorno del Montepulciano di Ofena che mai fu più indigesto. Franco Barberi, un omone grosso così, riattacca la telefonata al cellulare e quasi stritola in un abbraccio liberatorio il suo avvocato Francesco Petrelli mentre sussurra: «Non posso dire che sono contento, sono molto amareggiato e molto riconoscente a questo signore. Inoltre, mi dispiace molto anche per De Bernardinis». Poi la corsa in auto, ciascuno a casa sua, lontani il più possibile da una zona dove i terremoti, dentro e fuori, continuano a starci ogni giorno. Nell’atrio centrale della Corte d’Appello di Pile scorrazza felice una bimbetta bionda che non sa perché i genitori l’hanno portata qui, dove non ci sono altri bimbi per giocare. E l’unica attrazione è quella macchinetta con le luci tutte accese che vomita caffè bollenti a richiesta. Un giorno, magari, glielo racconteranno che ci stava a fare. C’è un altro neonato, ma beatamente cullato in carrozzina, a respirare l’aria pesante di quest’aula che dopo la sentenza sembra quasi voler esplodere d’indignazione. Su un banco vicino a quelli della difesa spicca una copertina rossa con la foto di una bilancia più o meno in equilibrio. È il libro «Una teoria della giustizia» del filosofo americano John Rawls. Non l’ho letto, lo confesso. Ma si dice, del suddetto tomo, che il concetto di giustizia dell’autore si fondi sull’idea che «tutti i beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale, una distribuzione eguale può esserci solo se avvantaggia i più svantaggiati». Giustizia in teoria, appunto.

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