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Pescara, 24/11/2024
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Data: 13/11/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
L’Inps: «Salvaguardati tutti gli esodati». Licenziamenti disciplinari, così si cambia

ROMA La vicenda esodati è ufficialmente chiusa. L'Inps «ha salvaguardato tutti i 162.130 esodati creati dalla riforma Fornero». Lo hanno annunciato i vertici dell’istituto, il commissario Tiziano Treu e il direttore generale Mauro Nori, dopo l'incontro con i senatori della commissione Lavoro. Grazie a sei provvedimenti di tutela all'Inps risultano tutti tutelati i soggetti rimasti a ridosso della riforma delle pensioni in un limbo senza reddito. Secondo l'Istituto di previdenza, i vecchi numeri (si era parlato di 390.000 esodati) sono sorpassati.
«Certo quella che si chiude è la fase emergenziale» ha detto Nori. Una fase che ha creato tante polemiche e battaglie di cifre. Fuori dai 162.130 ci possono essere ancora altri «casi specifici» che saranno individuati da un censimento attraverso il monitoraggio condotto dal sito della commissione senato, annunciato dalla senatrice Anna Maria Parente. Ma si tratta di numeri residuali.
Intanto sembra in via di felice soluzione anche il rischio di svalutazione della quota contributiva delle pensioni, per legge agganciata al Pil. In attesa della risposta dei Ministeri dell'Economia e del Lavoro alla lettera inviata dall'Inps per avere chiarimenti su come procedere al pagamenti degli assegni, l'istituto ha una sua interpretazione. «La legge non parla di svalutazione, ma solo di rivalutazione« ha affermato il commissario straordinario Tiziano Treu; quindi il montante contributivo negli anni negativi avrà una rivalutazione uguale a zero, ma non una svalutazione. Interpretazione che sembra condivisa dal ministero del Lavoro ma sulla quale il Mef non si è ancora pronunciato. A favore di questa scelta concorre anche il fatto che, come sottolineato sia da Treu sia da Nori «per ora non esiste il problema delle coperture» semmai potrebbe crearsi in seguito nel caso il Pil dovesse continuare a mantenere il segno meno.

Licenziamenti disciplinari, così si cambia

ROMA Non sarà delega in bianco nella parte del Jobs act che interverrà sull’articolo 18. L’accordo sui licenziamenti disciplinari ingiusti, faticosamente raggiunto durante un’incandescente riunione del direttivo Pd di fine settembre, sarà incorporato nel testo della delega licenziato dal Parlamento. L’annuncio dell’ok del governo arriva dal sottosegretario Teresa Bellanova in commissione Lavoro a Montecitorio a ridosso dello scadere del termine per la presentazione degli emendamenti. Detto fatto: tra le 64 proposte di modifica richieste dai deputati dem, una quindicina sono condivise da tutto il gruppo, e tra queste c’è quella sui licenziamenti disciplinari. Il nuovo articolo 18 assicurerà «la garanzia del reintegro nei casi di licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica della fattispecie». È praticamente il senso dell’ordine del giorno approvato a maggioranza nel direttivo Pd del 28 settembre scorso prima del via libera del Senato. Lì il governo tenne il punto e promise di inserire il concetto in fase di decreti attuativi, rifiutandosi di modificare il testo della delega. Ora il ripensamento che, quasi certamente, spiana la strada a una veloce approvazione del provvedimento senza la necessità di ricorrere alla fiducia.
L’accordo del governo con la minoranza Pd è chiaro e Bellanova lo ricorda: «Si potrebbe fare un intervento sull’articolo 18 per definire le tipologie di licenziamenti disciplinari» a patto che «stiamo nei tempi». Che poi vengono ben scaditi dal sottosegretario: «Arrivare in Aula la prossima settimana» per chiudere l’iter della delega alla Camera «prima della legge di Stabilità», in modo che «tra fine novembre e dicembre si possa lavorare sui decreti delegati per metterli i pista all’inizio di gennaio». In serata il premier conferma: ok a modifiche, «da concordare da verificare insieme alle forze della coalizione», purché il primo gennaio il tutto sia operativo.
Come davvero cambierà l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, comunque, lo si scoprirà nei dettagli solo con i decreti delegati. Certamente il reintegro scomparirà per i licenziamenti individuali economici: anche se la motivazione economica fosse infondata, al lavoratore spetterà solo un indennizzo. Il reintegro sarà sempre garantito nel caso di licenziamenti discriminatori (razza, religione, convinzioni politiche o sindacali, sesso) e in alcune «fattispecie» ben delineate di licenziamento disciplinare ingiustificato. Quali, lo vedremo. L’idea del governo resta quella di limitare al massimo la discrezionalità dei giudici. Probabilmente si farà un elenco dettagliato dei «casi gravi».
VALANGA DI EMENDAMENTI

Ma non è solo l’articolo 18 a far parte dell’accordo con la minoranza Pd che nella commissione Lavoro della Camera ha un grande peso (il presidente è Cesare Damiano). Tra gli emendamenti firmati dall’intero gruppo Pd c’è anche quello sul controllo a distanza: ok, purché sia salvaguardata «la privacy, la dignità e la riservatezza» del lavoratore. Altro punto caldo: il demansionamento. Si propone di restringere la possibilità ai soli casi di «crisi aziendale comprovata dai bilanci degli ultimi tre anni».
Complessivamente sono stati presentate 557 proposte di modifica: oltre alle 64 del Pd (alcune a firma di singoli deputati) ce ne sono circa 300 del Movimento 5 stelle, 150 di Sel, una cinquantina della Lega, 11 da Forza Italia.

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