Stop alle manutenzioni dei binari delle metro e dei tram della Capitale. E ora Atac ora rischia seriamente il tracollo. È partito l’effetto domino dopo il maxi-pignoramento in esecuzione al decreto ingiuntivo di 77 milioni presentato nelle scorse settimane dal consorzio privato Roma Tpl.
Sull’onda della paura, e della crisi, la società Acmer, che dal 2009 cura la manutenzione ordinaria e straordinaria alla rete di manutenzione della rete metropolitana e tranviaria della Capitale (anche della Metro C), ha deciso di fermarsi finché non avrà recuperato almeno una parte degli oltre due milioni di euro di crediti che vanta nei confronti della municipalizzata comunale dei trasporti. Una cifra decisamente inferiore a quella relativa al contenzioso con il Consorzio Roma Tpl, che gestisce in appalto delle linee periferiche della città.
«In circa un anno e mezzo - spiega l’amministratore delegato di Acmer, Antonio Imperatore - abbiamo accumulato un credito di oltre 2 milioni con l’Atac. Non siamo più in grado neppure di pagare gli stipendi dei nostri circa 90 dipendenti ed è per questo che abbiamo appena inviato ad Atac una lettera con cui comunichiamo di sospendere tutti i lavori di manutenzione della rete metropolitana e tranviaria finché non verranno saldati i nostri pregressi. In caso di rallentamenti noi non interverremo, quindi i treni e i tram procederanno a 20 km/H».
Aggiunge l’ad: «La situazione è ormai insostenibile Atac non rispetta le clausole contrattuali e, in più, le banche ormai non si fidano più di questa azienda e quando la sentono nominare si rifiutano di anticipare le fatture perché sanno che i pagamenti non verranno rispettati». La replica di Atac arriverà probabilmente in giornata. A quanto si apprende, tuttavia, l’azienda ci terrà a rassicurare gli utenti circa la completa sicurezza dei suoi mezzi su rotaia, anche senza l’apporto del fornitore. In più pare che sia in piedi un piano di rientro con Acmer stessa, che ha ricevuto uno stop proprio in virtù del precipitare del contenzioso con Roma Tpl.
Resta il fatto che il rapporto di Atac con i suoi fornitori è sempre più complicato. Il documento di bilancio 2013 riporta per questa voce di debito la cifra totale di ben 430 milioni di euro, ma è possibile che nel corso dei mesi sia aumentata, visto che fra il 2013 e il 2012 si era incrementata di ben 44 milioni. Allo stato attuale ci sarebbero circa 20 fornitori ai ferri corti con l’azienda, mentre sarebbero più di 30 i decreti ingiuntivi, di varia entità, contro i quali gli uffici di via Prenestina starebbero preparando ricorsi e appelli. Nei giorni scorsi, erano stati i dipendenti della Ciclat (altra società che si occupa di manutenzioni) a tornare a protestare, in maniera anche veemente. Nei mesi scorsi, si verificarono grossi problemi con le aziende che garantiscono la pulizia di mezzi e stazioni e con i fornitori degli pneumatici per i bus di linea.
D’altra parte, la situazione più grave riguarda il contenzioso con Roma Tpl. Quei 77 milioni reclamati e pretesi dalla società guidata dall’imprenditore Marco Cialone, sono relativi a un lodo arbitrale del 2009 per 31,5 milioni (il contenzioso risale al 2005) che negli anni era stato di volta in volta confermato o disconosciuto dal Comune e dai vertici aziendali, a seconda degli assessori e degli ad che si sono succeduti. Sarà fondamentale l’udienza del tribunale civile anticipata al 19 novembre, che dovrà innanzitutto, se la tesi della parte pubblica verrà accolta, spostare il debito dalla contabilità della municipalizzata a quella del Campidoglio (che non gode di salute migliore), sbloccando così i conti correnti dell’azienda. In seconda battuta, il Comune vuole dimostrare che il lodo del 2009 è illegittimo, in quanto «doveva essere esclusivamente il Tribunale di Roma a giudicare sul contenzioso, e non un accordo privato». Nei giorni scorsi, l’assessore capitolino Guido Improta ha portato la documentazione al procuratore Giuseppe Pignatone, puntando il dito sui rappresentanti della ex Giunta Alemanno.
In azienda, intanto si respira un’area pesante. Da fonti del cda, pare si sia tornato a ragionare fortemente di amministrazione straordinaria: la nomina di una sorta di liquidatore che metta in piedi una sorta di piano di soddisfacimento parziale dei creditori.