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Pescara, 24/11/2024
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16/11/2014
Il Messaggero
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Jobs act - Licenziamenti, muro della minoranza Pd sui casi di reintegro. No alla riassunzione solo nell’ipotesi di gravi reati non commessi |
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ROMA Le riforme del governo ed in particolare il Jobs act («arriverà entro l’anno» ha confermato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti) restano sotto il tiro della sinistra del Pd. «Non c'è alcun bisogno del patto del Nazareno ma se è un toccasana allarghiamolo a tutte le imprese» ha ironizzato ieri da Milano Pier Luigi Bersani («è utile per la riforma costituzionale e la legge elettorale» la replica del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi) riferendosi all'impennata Mediaset in Borsa (+6%) di quattro giorni fa. Mentre a proposito della Spending review l'ex segretario dei democratici ha parlato di «fallimento» spiegando che per recuperare risorse bisogna «andare a fondo sul tema fiscale». Ma è la riforma del mercato del lavoro il nodo più difficile da sciogliere nei rapporti con il premier Matteo Renzi. «Si sono fatti passi significativi che dobbiamo rivendicare» ha detto Bersani aggiungendo però che sul tema l'approccio del governo non è stato corretto tanto che «rimettere il dentifricio nel tubetto è difficile». Una metafora che serve ad esplicitare il malumore per una riforma della quale, nonostante l'impegno di Palazzo Chigi a correggere alcuni aspetti, la minoranza del partito non si fida. Il problema centrale resta quello dei licenziamenti disciplinari. Nell'emendamento che ha avuto il via libera dalla commissione Lavoro del Senato si parla di «reintegro possibile previa qualificazione della fattispecie». E la sinistra del Pd considera questo elemento un passo avanti rispetto all'impostazione iniziale che, per questi tipi di licenziamenti, prevedeva solo l'indennizzo e mai la conservazione del posto di lavoro. «E' un fatto importante che si sia stabilito questo principio che è sostanza oltre che forma» sintetizza il ministro delle Politiche agricole Martina. Il governo ha promesso ai partiti della maggioranza che farà un elenco dettagliato delle fattispecie (come ha confermato anche il responsabile economico del Pd Filippo Taddei) che, nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo, portano al reintegro. E il presidente della commissione Lavoro al Senato Cesare Damiano si dice convinto che queste fattispecie «non saranno limitate e tantomeno conterranno una separazione tra reati perseguibili d'ufficio o su querela di parte». Tuttavia serpeggia nervosismo in quanto una larga fetta della minoranza considera comunque sbagliato l'impianto del Jobs act. PARTITO DIVISO «Fare una lista delle fattispecie di licenziamento disciplinare illegittimo che portano al reintegro è un diversivo e serve solo per distogliere l'attenzione dal problema reale» attacca Stefano Fassina. L'ex viceministro all'Economia si dice infatti convinto che tale questione sia un falso problema in quanto «utilizzando il pretesto dei licenziamenti economici per i quali il reintegro verrà cancellato, le imprese utilizzeranno solo quel canale». Un'opinione condivisa da Maria Cecilia Guerra. «Il problema di fondo - dice la senatrice - è che se la motivazione che sta alla base del licenziamento è pretestuosa, non si capisce la ragione per la quale si debba perdere il posto ».
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