Nella proposta l'intesa con la minoranza dem sui licenziamenti con reintegro. Alfaniani sul piede di guerra: "Il testo non sarà quello del Nazareno ma dell'esecutivo, sennò contenzioso nella maggioranza". Voto finale il 26 novembre, legge di Stabilità in aula il giorno dopo
ROMA - Sul ddl lavoro e sulla revisione dell'articolo 18 le acque continuano a essere agitate nella maggioranza che sta al governo. L'esecutivo è pronto a presentare un proprio emendamento al testo della delega per il Jobs Act che recepirà le modifiche già presentate dopo l'accordo all'interno del Pd sul tema dei licenziamenti. Ma il Nuovo centrodestra torna a puntare i piedi. L'emendamento dovrebbe arrivare domani alla commissione Lavoro di Montecitorio, e la conferma arriva dal sottosegretario Teresa Bellanova.
Mossa del governo. L'emendamento atteso dal governo, ha sottolineato Bellanova a margine dei lavori della commissione, "riprende tutti gli emendamenti sul tema per finalizzare il reintegro per i licenziamenti disciplinari con la definizione del perimetro delle tipologie" per le quali la reintegra nel posto di lavoro non verrà cancellata per essere sostituita da un indennizzo. Di fatto, si tratta di una riformulazione di testi già presentati in commissione. Il governo intende specificare che il reintegro sarà possibile, nel caso dei licenziamenti disciplinari, quando la motivazione addotta dall'azienda sarà dichiarata falsa o inesistente dal giudice. Per gli altri casi ci sarà l'indennizzo crescente con l'anzianità, come per i licenziamenti economici.
La settimana scorsa, alla fine di serrate consultazioni, tra i democratici era scaturito il seguente accordo: niente fiducia alla Camera sul testo del Jobs Act uscito dal Senato, che sarà comunque modificato; sì al reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari senza giusta causa in determinate fattispecie; maggiori fondi da destinare agli ammortizzatori sociali nella legge di Stabilità.
Alfaniani sul piede di guerra. Stamani, tuttavia, è stato Maurizio Sacconi, capogruppo di Ncd a Palazzo Madama, a dichiarare a La Telefonata: "Abbiamo raggiunto una intesa con il ministro Giuliano Poletti. Ci saranno emendamenti del governo che preciseranno come il testo rimarrà sostanzialmente quello del Senato. Tra un mese ci saranno i decreti attuativi" al Jobs Act. Quindi, per Sacconi, il testo cambia, ma "in parte minima" e non sarà "quello della direzione del Pd, ma quello del governo". Sull'intesa varata la settimana scorsa tra governo e minoranza dem, infatti, Ncd si era subito messa di traverso, sollecitando una riunione di maggioranza. E oggi, dopo le parole di Bellanova, Sacconi è tornato a insistere: "L'annuncio sull'emendamento del governo non corrisponde a quanto concordato. Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza".
Iter dei lavori. Nel mezzo del dibattito politico, è partito ieri il tour de force alla Camera con la commissione convocata dalla mattina di ogni giorno fino a giovedì. Un ritmo serrato che serve a portare il testo già da venerdì in aula, dove il primo passo sarà il voto sulle eccezioni di costituzionalità. L'obiettivo 'tassativo' resta il parere finale dell'aula di Montecitorio il 26 novembre, per poi passare il testimone alla legge di Stabilità (un'inversione temporale nel calendario dei lavori che ha fatto infuriare le opposizioni).
Sono dunque circa 480 gli emendamenti arrivati all'esame in commissione Lavoro (dopo la prima scrematura che ne ha cancellati 78 inammissibili, e un secondo passaggio in cui ne sono stati recuperati 18). L'attenzione resta tutta sulle proposte di modifica che servono a recepire nel testo finale l'accordo raggiunto all'interno del Pd, e quindi tra Pd e governo, e che porta correzioni anche sul delicatissimo fronte dell'articolo 18. Un risultato 'blindato', con lo stesso premier Matteo Renzi che nei giorni scorsi ha preannunciato il voto di fiducia sul testo che uscirà dalla commissione se ci sarà il rischio che si possa arenare in aula ("non mi faccio fermare dal pantano"). Un eventuale voto di fiducia che non dovrebbe riaprire crepe con la minoranza Pd: "La fiducia si vota, non possiamo pensare che questo Paese possa andare in una fase di instabilità. Il governo è questo", ha già detto Pier Luigi Bersani.
Le date. Intanto, con 95 voti di differenza, l'assemblea di Montecitorio ha dato il via libera alla proposta di fissare al 26 novembre il termine per la conclusione dell'esame da parte dell'aula. Ma Sel è già pronta all'ostruzionismo per impedire che il Jobs Act venga approvato entro mercoledì della prossima settimana: "Se anticiperanno i tempi come hanno detto di voler fare, useremo tutti gli strumenti che i regolamenti parlamentari ci mettono a disposizione per impedirlo", spiega il capogruppo a Montecitorio, Arturo Scotto. Quanto al calendario dei lavori, la legge di Stabilità approderà a Montecitorio giovedì 27 novembre e l'esame proseguirà nelle giornate successive. Ad annunciarlo è stata la presidente della Camera, Laura Boldrini, dopo l'ok dell'assemblea sui tempi di esame del Jobs Act.
Sciopero Cgil. Lo sciopero generale del 5 dicembre prossimo, proclamato dalla Cgil contro legge di Stabilità e Jobs Act, "è parzialmente illegittimo". E' quanto ha deciso l'Autorità di garanzia per gli scioperi, specificando che alcuni settori andranno esclusi dallo sciopero, a partire dall'intero comparto del trasporto ferroviario. Inoltre, in alcune province italiane non si potrà scioperare con riferimento al trasporto pubblico locale.