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Pescara, 24/11/2024
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18/11/2014
Il Centro
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Jobs act, è scontro nella maggioranza. Il governo annuncia per oggi un emendamento sull’art.18 ma Ncd non ci sta: «Non è concordato, pronti a rompere» |
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ROMA La settimana decisiva per il jobs act, che dovrà essere approvato dall’aula di Montecitorio entro il 26 novembre, comincia con l’ennesimo aut aut di Maurizio Sacconi al governo. Quella di ieri doveva essere una giornata di transizione, dedicata al calendario dei lavori parlamentari, e invece il Nuovo centrodestra minaccia di abbandonare la Commissione e fa entrare in fibrillazione la maggioranza. Tutto nasce da un emendamento che il governo presenterà oggi in commissione Lavoro e che dovrebbe recepire l’accordo raggiunto la settimana scorsa nella direzione del Pd. Ad annunciarlo è il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova (Pd). «Il governo presenterà un emendamento al jobs act con la definizione dei casi di licenziamento disciplinare senza giusta causa per cui sarà previsto il reintegro» spiega l’esponente dem, che parla di una riformulazione «senza novità rispetto alle posizioni già espresse» e aggiunge: «Il reintegro resta per i licenziamenti discriminatori e ci sarà invece un’indennità crescente in base all’anzianità per quelli economici». Reintegro? Passa qualche minuto e da Maurizio Sacconi, sul tema dei licenziamenti, arriva una dichiarazione di guerra. «L’annuncio del sottosegretario Bellanova non corrisponde a quanto concordato. Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla Commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza» attacca il presidente dei senatori Ncd, che punta i piedi e chiama in causa il ministro del Lavoro. «Ieri (domenica n.d.r.) abbiamo raggiunto un’intesa con Poletti. Ci saranno emendamenti del governo che preciseranno come il testo rimarrà sostanzialmente quello del Senato...» assicura Sacconi, che definisce quella sul jobs act una «partita chiusa» e spiega perché: «Per tutti i licenziamenti economici e per tutti quelli disciplinari, tranne limitate e specifiche fattispecie di certa definizione, quindi per il 90% dei casi, ci sarà un indennizzo qualora non sia dimostrata la giusta causa». La controreplica del governo arriva in serata ed è accompagnata dal perentorio invito a non perdere le staffe. «Dobbiamo stare calmi e sereni. Non c’è nessuna forzatura, siamo persone serie, non faccio il gioco delle tre carte» premette Teresa Bellanova, che esclude sorprese: «Faremo una riformulazione dell’emendamento sulla base delle cose che il governo dice dal primo momento. C’è la reintegra per i licenziamenti discriminatori, l’indennizzo per i licenziamenti economici illegittimi, crescente sulla base dell’anzianità mentre per i licenziamenti disciplinari ingiustificati sarà previsto il reintegro nel posto di lavoro. Le fattispecie le scriveremo nei decreti delegati. Non capisco le ragioni del pandemonio che si è creato». Ma ieri a dominare la scena non è stato solo lo scontro con Sacconi. Il governo aveva chiesto tempi «certi» e la Camera ha approvato a maggioranza (95 voti di scarto) la data del 26 novembre come termine ultimo per l’approvazione del jobs act da parte dell’aula di Montecitorio, che comincerà l’esame venerdì prossimo. Il calendario è stato votato con il voto contrario di tutte le opposizioni, a cominciare da Sel che voleva esaminare prima la legge di stabilità e poi la riforma del lavoro ed ha minacciato ostruzionismo duro. «Ci opporremo con ogni mezzo in Commisione e in Aula» avverte Giorgio Airaudo. Alla fine, è passata la linea chiesta dal governo che, in cambio dei tempi rapidi, ha concesso alla minoranza del Pd la riscrittura dell’emendamento sull’articolo 18. Il voto di fiducia, comunque, non è ancora escluso. Maria Elena Boschi preferisce tenersi sul vago mente Roberto Speranza assicura che non sarà necessario. Gianni Cuperlo, invece, vuole vedere quale testo arriverà in Aula e avverte: «Se il testo fosse rimasto quello del Senato io non l’avrei votato». Nella commissione Lavoro prosegue, intanto, l’esame degli emendamenti (480). Finora ne sono stati approvati una decina e il presidente della Commissione, Cesare Damiano, ha escluso che il governo possa presentare un maxiemendamento. Tra le modifiche approvate ieri, la più importante riguarda la Cig. La cassa integrazione potrà essere erogata anche dopo la cessazione «definitiva» dell’impresa, nel caso in cui «ci siano concrete possibilità di continuità aziendale». E Damiano non nasconde la sua soddisfazione: «Si tratta di un avanzamento significativo che tiene conto dei problemi reali del Paese».
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