ROMA Adesso la parola «licenziamenti» c’è anche nel testo della delega. E così le altre due paroline che nelle polemiche di questi mesi l’hanno spesso accompagnata: reintegrazione, indennizzo. I dibattiti, anche vivaci, all’interno delle coalizione di maggioranza hanno prodotto un risultato all’insegna di una maggiore trasparenza. Ora la delega sul lavoro ha confini molto più precisi. Ieri il governo, in commissione Lavoro alla Camera ha presentato l’emendamento sul punto rovente relativo all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Una formulazione che recepisce l’ordine del giorno raggiunto nella sofferta direzione del Pd di fine settembre, ma che fornisce anche le garanzie richieste dai centristi della maggioranza affinché sia più che chiaro che il diritto al reintegro sul posto di lavoro è l’eccezione e non la regola. L’emendamento infatti non lascia più dubbi: per tutti i nuovi assunti (giovani o no) la possibilità di riottenere il posto di lavoro una volta licenziati ci sarà solo di fronte a licenziamenti «nulli, discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato». In tutti gli altri casi - motivi economici ma anche la maggior parte dei disciplinari - scatterà solo l’indennizzo monetario.
La versione licenziata al Senato, invece, si limitava a introdurre per i neo-assunti il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (comma 7). L’emendamento esclude esplicitamente «per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento».
ACCUSE FALSE DI REATI GRAVI
L’elenco dei disciplinari ingiustificati con possibilità di reintegro arriverà con i decreti attuativi. Si sta lavorando per trovare una linea netta, che lasci discrezionalità minima al giudice: l’ipotesi con maggiori chance resta quella di includere nell’elenco solo i licenziamenti motivati da un’accusa per un reato perseguibile d’ufficio (sono quelli più gravi, quali truffa aggravata, furto aggravato, minaccia grave, lesioni personali con prognosi oltre i 20 giorni, calunnia, ecc.), poi rivelatasi insussistente. Insomma, come chiedono da tempo gli industriali sia italiani che stranieri interessati a investire nel nostro Paese, se un datore di lavoro scoprisse di aver assunto un fannullone o un incapace potrà rescindere il rapporto senza il timore che un magistrato o un avvocato particolarmente abile possa obbligarlo a tenersi a vita quella persona in azienda. Gli pagherà un indennizzo «certo e crescente con l’anzianità di servizio» e poi tanti saluti. Ognuno per la sua strada: il lavoratore con quell’indennizzo e poi eventualmente con il sussidio di disoccupazione, avrà il tempo di cercare altro. Il datore di lavoro potrà scegliere sul mercato una persona più adatta alle sue esigenze.