TERAMO Teramo è una città in declino, se non addirittura moribonda? Di fatti oggettivi che dicono questo, dalle grandi spoliazioni di uffici degli anni Novanta alla desertificazione dell’area industriale alle recenti chiusure di attività anche storiche ed eccellenti, ne sono accaduti a decine. L’ultimo, forse il più triste, come il Centro ha svelato ieri è prossimo ad accadere: entro l’anno chiuderà l’Antico Cantinone, il ristorante-simbolo datato 1906. Eppure, c’è chi dice no. C’è chi non si rassegna. A cominciare dal sindaco Maurizio Brucchi, che – richiesto di un’intervista sul tema della crisi in città – si è fatto dare dallo sportello attività produttive del Comune dati che gli permettono di affermare: «Teramo non è morta». Sindaco, ci dica questi numeri. «Nei primi dieci mesi dell’anno in città hanno aperto 50 esercizi di vicinato (cioè sotto i 250 metri quadri), un esercizio per la vendita di alimenti e bevande oltre i 250 metri quadri, 19 tra bar, ristoranti e in generale locali che fanno somministrazione al pubblico, una struttura ricettiva. Un totale di 71 aperture contro 40 cessazioni di attività nello stesso periodo. Uno studio nazionale di Confesercenti dice che in Italia le attività che chiudono ogni giorno sono 14, quindi Teramo è in controtendenza». Non vorrà mica fare il novello Berlusconi e negare che c’è la crisi? «Per carità. Questi dati mostrano che perdura una certa vivacità, una tendenza a investire e volerci provare, ma non vogliono dire che a Teramo non c’è la crisi. Assolutamente c’è, è innegabile. Le famiglie pensano ai fabbisogni primari e alcune attività ne soffrono». Vedi i ristoranti di qualità. Se chiude il Cantinone e aprono cinque tavole calde non è la stessa cosa... «D’accordo. E’ vero che il Cantinone è una perdita grave, la storicità di un locale è un valore per se stesso e per tutta la città. Mi dispiace, speriamo che l’attività possa essere rilevata da un altro gestore». La cucina teramana rischia di restare un’eccellenza solo teorica, in assenza di ristoranti di qualità. «Ammetto che per valorizzare la nostra enogastronomia si può fare di più, io al riguardo ho appena avviato un discorso con la Provincia e conto di coinvolgere la Regione». Ecco, veniamo a cosa fa o non fa il Comune per arginare la crisi. «Noi quest’anno abbiamo scelto di ridurre la tassa dei rifiuti, gli altri anni favorivamo le famiglie rispetto alle attività ma ora abbiamo invertito totalmente la tendenza agevolando notevolmente attività commerciali e industriali, per le quali si è arrivati a riduzioni della tariffa fino al 20 per cento. Siamo consapevoli che per far ripartire l’economia c’è bisogno di agevolazioni. Il Comune più di questo non può fare, che altro può fare? È il massimo possibile guardando al bilancio, perché dobbiamo sempre garantire i servizi». Non potreste ad esempio inventarvi qualcosa per calmierare gli affitti, che spesso affossano i negozi? «Potremmo farci parte attiva, ma in concreto che arma ha il Comune per poter ridurre gli affitti? Comunque non ce ne stiamo con le mani in mano. Siamo appena partiti con il tavolo permanente del commercio, che adesso allargheremo anche ai commercianti che non si riconoscono nelle sigle principali. Porteremo al tavolo una serie di provvedimenti per la città: il regolamento per il funzionamento dei varchi (le categorie che possono entrare nella Ztl o no), il nuovo piano dei parcheggi e i nuovi sensi unici. Vogliamo una sorta di patto per la città, la condivisione dei percorsi, oggi non si possono più calare le cose dall’alto. Guardate la proposta del senso unico in viale Cavour: le attività commerciali vogliono una cosa, i cittadini residenti ne vogliono una opposta». Insomma, sindaco: Teramo è in declino o no? Già quando Gianni Chiodi diventò sindaco, nel 2004, disse che bisognava fermare il declino. E da allora dei tanti progetti messi in campo si è potuto realizzare ben poco. «Io ho vissuto il periodo in cui i buoi sono scappati, tutto quello che era vero qualche anno fa non è vero più. Da assessore solo sei anni fa ho aperto 29 cantieri, oggi sarebbe impossibile anche se siamo uno dei pochi Comuni in Abruzzo che ha cantieri aperti grazie all’utilizzo dei fondi europei: lo dice l’Ance, non io. La verità è che è cambiato il mondo. Il teatro, che era una priorità di Chiodi, non lo è più perché il terreno che devi vendere non lo puoi più vendere. Credo che il piano strategico “Teramo 2020” debba essere riposizionato di almeno cinque anni, ma progetti strategici in corso ce ne sono: l’housing sociale di via Longo, l’arretramento della stazione... È che dovremo spostarli di qualche anno, questo sì. Ma non diciamo che non è stato fatto niente. Ricordate che prima del Lotto zero il problema del commercio in città era il traffico? Adesso l’abbiamo risolto, ma i problemi a quanto pare sono altri...».