ROMA Sciopero generale di tutte le categorie il 12 dicembre proclamato da Cgil e Uil contro le politiche economiche del governo, il jobs act e le misure della legge di stabilità. La Cisl invece decide di non partecipare mentre il ministro Poletti parla di sciopero privo di motivazioni. Il sindacalismo confederale ritrova una sua parziale unità con la Uil che condivide i motivi di critica dei provvedimenti del governo formulati prima dalla sola Cgil che, infatti, aveva proclamato lo sciopero il 5 dicembre. Il primo atto di Carmelo Barbagallo come segretario in pectore della Uil (sarà eletto al termine del congresso al posto di Luigi Angeletti) è stato quello di portare la sua organizzazione sul versante del conflitto. Ottenendo dalla Cgil la disponibilità a spostare la data dello sciopero dal 5 al 12 dicembre. In apertura del congresso Uil, i tre segretari generali si erano incontrati per cercare una posizione unitaria, ma la neo segretaria della Cisl, Annamaria Furlan era stata irremovibile: «La Cisl non ritiene che lo sciopero generale oggi sia lo strumento per arrivare agli obiettivi che ci diamo, confermiamo che non lo faremo e confermiamo che siamo assolutamente convinti che le categorie della Pubblica amministrazione debbano fare lo sciopero di categoria per il loro contratto». Poco dopo, quelle categorie della Cisl, dalla scuola, alla sanità, hanno proclamato lo sciopero di categoria per il 1 dicembre. Ma al congresso della Uil si è consumato anche un nuovo strappo tra il governo e il sindacato. È accaduto che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, infuriato dal «mutato contesto» derivante dalla proclamazione dello sciopero generale abbia deciso di lasciare il congresso e rinunciare al suo intervento previsto nel pomeriggio di ieri. Il suo messaggio letto dal palco, è stato accolto dai fischi dei delegati. Carmelo Barbagallo gli ha dedicato una puntuta risposta: «Ho l’impressione che in questo governo non ci sia nessun ministro che abbia libertà di parlare» e così «si nega un confronto anche se duro». L’assenza di Poletti, ha proseguito il segretario generale in pectore della Uil, «è la riprova che avevamo visto giusto, che non era più tempo di continuare a parlare inutilmente» perché «non si può far finta di parlare se non ci sono risposte. Evidentemente lui non ha niente da dire». Poletti non l’ha presa benissimo e ha replicato invocando «rispetto e garbo dai massimi dirigenti» della Uil. Nella giornata del 12 dicembre, con l’astensione dal lavoro dei settori pubblici e di quelli privati, si svolgeranno anche manifestazioni territoriali in molte città. Ieri Susanna Camusso ha definito il governo «irresponsabile» perché «teorizza e sostiene che tutti i luoghi della concertazione sociale vanno cancellati». Camusso spiega di avere nostalgia della concertazione anni ’90 ma «serve un luogo dove si contratta con i sindacati». Oggi invece, aggiunge, ci sono solo «titoli ma lo svolgimento va in tutt’altra direzione». Dal palco del congresso per il suo ultimo intervento da segretario generale Uil, Luigi Angeletti ha ribadito «che gli scioperi costano, sono una decisione non piacevole, ma non ci hanno lasciato scelta». Il jobs act, secondo la Uil può «avvelenare il clima nelle imprese» con la riduzione delle tutele dell’articolo 18. Annamaria Furlan, leader della Cisl invece non ha accettato di unirsi a Cgil e Uil. Per lei «non ci sono motivazioni valide per fermare il Paese: il jobs act, in fondo, sta cambiando in meglio». Tuttavia la stessa Furlan è rimasta particolarmente impressionata, in negativo, dalla netta chiusura operata dal governo col ministro Madia sulla vertenza del pubblico impiego. Al punto che la Cisl, benchè in solitaria, farà scioperare i suoi iscritti il 1 dicembre. Sul fronte delle astensioni dal lavoro il 5 dicembre si terrà lo sciopero generale Ugl mentre domani si svolgerà la seconda giornata di quello dei metalmeccanici Fiom del centro-sud con corteo a Napoli. Il 25 si fermeranno le tute blu della Sardegna.