BOLOGNA Guarda caso sia Matteo Salvini che Susanna Camusso sono dalle parti di Bologna. Il segretario leghista per la campagna elettorale (domenica ci sono le regionali dell’Emilia Romagna), la leader della Cgil per una manifestazione in piazza Maggiore. Solo una coincidenza, ma Matteo Renzi, che a Bologna ci arriva in serata proveniente da Parma, ne approfitta per giocare con gli eventi: «Camusso e Salvini sono due facce della stessa medaglia. Loro per mestiere fanno i capi della protesta, io la protesta non me la posso permettere».
Paragone irriguardoso se visto con gli occhi del leghista e della sindacalista. Ma il clima è questo: il premier sente il «rumore dei nemici», e i nemici sentono il rumore del premier. «Ho molto rispetto per loro (riferito sempre a Camusso e Salvini, ndr.) fanno il loro lavoro: quindi chapeau. Il mio mestiere è un altro: quello di provarci». Ovunque vada c’è qualcuno che scende in piazza per contestarlo. A Parma, sotto il Municipio, centri sociali e poliziotti arrivano anche allo scontro. Tentativi di sfondamento, un paio di cariche, fortunatamente nessun ferito. E’ ormai routine. Lui commenta: «Fuori da qui possono dire quello che vogliono, possono tirare le uova faremo le crepes, ma noi non ci fermiamo. Non è in gioco il destino di uno ma di un paese. Non ci fate paura».
IL VOTO
I nemici rumoreggiano, e gli amici non si entusiasmano abbastanza. Il Paladozza, solitamente strapieno per le partite di basket, ha anche delle sedie vuote. All’ingresso clima teso, agenti coi caschi per tenere a bada qualche decina di antagonisti. Non lo spettacolo migliore per l’atto finale della campagna elettorale del Pd a tre giorni dalle regionali. Il candidato superfavorito è Stefano Bonaccini che un tempo stava con Bersani e adesso sta con Renzi. Il quale arriva ben dopo l’ora di cena reduce da un incontro alla Barilla di Parma, e ha nelle orecchie possibili critiche future: «Comunque vadano domenica le elezioni, ci diranno che potevamo fare qualcosa in più». Parla di legge elettorale, di riforma del Senato e di fisco. Ma è evidente che il suo tormento è la questione del lavoro. Duro l’attacco al sindacato: «Ormai passano il tempo a trovare delle motivazioni per scioperare. Dicono che il jobs act sottrae diritti ai lavoratori, ma è pura fantasia». Gli brucia lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil per il 12 dicembre e non lo nasconde: «Non hanno scioperato contro la Fornero, ora lo fanno contro di noi e lo fanno per un motivo politico» dice scaldando la platea che applaude convinta.
I RISULTATI
Ne fa anche una questione di numeri: nei sei anni precedenti, sostiene, un milione di posti di lavoro sono andati in fumo; negli ultimi mesi c’è stata una inversione di tendenza: «Centocinquantamila occupati in più. Certo, non basta, c’è ancora moltissimo da fare. E lo faremo». A patto che l’ostruzionismo di «gufi e frenatori» (così continua a definirli) non giunga a buon fine: «Ci sono molte resistenze al cambiamento, anche all’interno del nostro partito. E del resto sanno che basta fermare una delle riforme che stiamo facendo per rallentare tutto».