ROMA Sarà stata l’adrenalina del momento, le tutte blu in corteo a Napoli contro il Jobs act. O semplicemente una gaffe che Maurizio Landini ha fatto fatica ad ammettere. Ma quelle parole, «Renzi deve rendersi conto che non ha il consenso di chi lavora, dei giovani e degli onesti», non potevano non suonare come un insulto e non rendere l’autunno ancora più caldo. «Così offende milioni di lavoratori », è insorto il presidente del Pd Matteo Orfini. «Io mi ritengo molto onesto», ha replicato schierandosi dalla parte del premier il leader di Confindustria Giorgio Squinzi.
LE SCUSE
Il botta e risposta a più voci è il classico segnale che l’elastico è molto teso e rischia di inquinare in via definitiva i rapporti tra l’ala più intransigente del sindacato e il governo. Il leader dei metalmeccanici prima ha negato. O meglio ha detto di essere stato equivocato. Poi, quando si è visto in onda ripetere quel concetto, dinanzi all’evidenza, si è scusato e tra i lavoratori in assemblea dinanzi alla Whirpool ha chiarito quale era il vero senso delle sue affermazioni: «Il governo sta sbagliando perché per cambiare il Paese ha bisogno del consenso di chi lavora, e mi pare che stia emergendo che il consenso dei giovani, dei precari e di quelli che lavorano non ce l'ha». «Così - ha detto ancora Landini - rischia di rispondere ai soliti interessi forti di chi ci ha portato in questa situazione». E mentre Maurizio Sacconi, capogruppo in Senato Ncd gli ha ricordato che «le parole sono pietre», in campo, molto più tiepedamente, è sceso il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo: «Presidente - ha detto rivolto a Renzi - ci stupisca: si inventi una scusa per farci evitare lo sciopero».
FRASE INFELICE
In casa dem il risentimento per l’accusa di disonestà ha scatenato varie reazioni. Ernesto Carbone, deputato Pd, via Twitter ha chiesto a Landini di scusarsi «con i 12 milioni di italiani che hanno votato Pd». David Ermini, responsabile Giustizia, ha chiesto di evitare «dichiarazioni sbagliate». E l’europarlamentare Simona Bonafè senza affondare troppo il colpo ha osservato «che ognuno è responsabile di ciò che dice».L’unico sostegno al leader delle tute blu è arrivato dal presidente di Sel Nichi Vendola, la «frase infelice» non basta «a cancellare un’altra piazza gremita da migliaia di persone che chiedono diritti, lavoro e dignità».
E Renzi? Dal suo entourage filtra l’immagine di un Matteo «infastidito» per i toni, («basta con gli insulti»). In quanto alle accuse rivolte al governo, Renzi - intervenendo al Business Europe - ha ribadito che il lavoro si salva «tenendo aperte le fabbriche e non alimentando polemiche, risolvendo le crisi industriali e non giocando a chi urla più forte». L'art.18 che il leader della Fiom eregge a simbolo, per Renzi non è più «un ostacolo». Il colpo di spugna verrà dato con un decreto attuativo a gennaio, «l'ultimo voto in Parlamento sarà il 9 dicembre».