ROMA «Quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi. E il popolo si scandalizza». Papa Francesco, durante l’omelia alla Casa di Santa Marta, si scaglia contro il supermarket dei sacramenti: il tariffario appeso in alcune chiese per battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e funerali. Gli fa eco il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che arriva ad evocare - dopo aver rettificato le dichiarazioni che in un primo tempo sembravano contrastare quelle del pontefice - il peccato di simonia: il tentativo di commerciare in beni spirituali. Matrimonio con messa? Pagate due turni. Il Pontefice latinoamericano ricorda di aver assistito a un episodio di commercio dei sacramenti in prima persona: «Ero con un gruppo di universitari e due fidanzati volevano sposarsi: erano andati in una parrocchia, ma volevano farlo con la messa. E lì, il segretario parrocchiale ha detto: “No, no: non si può”». Di fronte allo stupore dei futuri sposi il sagrestano avrebbe risposto che ogni turno di matrimonio durava al massimo 20 minuti e per sposarsi con la messa, i fidanzati, avrebbero dovuto pagare una doppia tariffa. Cosa che accettarono, pur di ricevere il sacramento, loro malgrado. «Questo è peccato di scandalo», ha chiosato il Santo Padre. «Il popolo di Dio non perdona gli affaristi». Papa Francesco invita i fedeli a non aver paura di affrontare chi trasforma la Chiesa in un luogo di commercio: sia esso un sacerdote, un segretario parrocchiale o un laico. Perché quella di vegliare su questi casi è una responsabilità collettiva, secondo il Santo Padre. «Ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare – tuona il Pontefice - : un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente. Non ce la fa a perdonare! E lo scandalo, quando il Tempio, la Casa di Dio, diventa una casa di affari, come quel matrimonio: si affittava la chiesa». «La salvezza è gratuita». L’anatema di Francesco è rivolto direttamente contro il culto del denaro già definito «lo sterco del diavolo». «Gesù - ha spiegato - non è arrabbiato, è l’ira di Dio, è lo zelo per la Casa di Dio perché non si possono servire due padroni: o rendi il culto al Dio vivente -ha chiarito il Pontefice - o rendi il culto al denaro». Parole che vanno oltre il semplice pauperismo e indicano come l’attaccamento morboso al denaro e il commercio in beni dello spirito siano, secondo il Papa, del tutto incompatibili con la fede cristiana. «La redenzione è gratuita», ha affermato ancora il Santo Padre durante l’omelia. «E quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che... Eh, non è tanto gratuita, la salvezza. È per questo che Gesù (nell’episodio in cui caccia i mercanti dal Tempio, ndr) prende la frusta in mano per fare questo rito di purificazione». Nell’omelia Bergoglio spiega quella cacciata dei mercanti dal Tempio: la reazione di Cristo allo scandalo che gli affaristi destavano presso la sua gente. «Il popolo di Dio - spiega il pontefice andava al Tempio non per questa gente, per quelli che vendevano, ma andava al Tempio per Dio» e invece trovava soltanto «la corruzione che scandalizzava». Ed è proprio il concetto di scandalo il centro di tutta l’omelia del Papa: «Lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità». Lo scandalo di quella gamma di abitudini non pastorali che ancora oggi si consumano all’interno del Tempio.