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Pescara, 24/11/2024
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Data: 24/11/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi: urne vuote, danno per tutti. Ma teme contraccolpi sull’Italicum «Meglio un’emorragia di elettori che di voti»

ROMA «Un due a zero netto. Quattro regioni strappate al centrodestra in nove mesi e la Lega asfalta Forza Italia e Grillo e il Pd è sopra il 40%». Matteo Renzi, twitta a tarda sera. Il calo dell’affluenza preoccupa ma imputare al governo l’astensionismo è per il premier esercizio inutile e se le elezioni regionali in Emilia Romagna rappresentassero un test sulla tenuta del governo, la doppia vittoria dei due candidati del Pd sarebbe la testimonianza di un consenso che, malgrado tutto, regge. Per Renzi il rifiuto della scheda elettorale, esercitato dagli aventi diritto in maniera così massiccia, deve interrogare tutti e non solo il governo o il Pd, anche se sa che nel partito la sinistra troverà motivi per rialzare il tono della polemica rendendo il percorso delle riforme, a cominciare dalla legge elettorale che il presidente del Consiglio intende varare a palazzo Madama entro l’anno. Renzi però non si scompone e ricorda che i partiti che più hanno voluto lo sciopero generale «hanno percentuali da prefisso telefonico».
MUTILATA

Il fatto che il voto di ieri «non sia un referendum sul governo», come sottolineato dal ministro Boschi, non esclude infatti effetti sul Pd e sulla maggioranza, specie quella allargata a FI sulle riforme e sulla legge elettorale. Il crollo di affluenza nella regione rossa per eccellenza viene spiegato a palazzo Chigi soprattutto con motivazioni locali legati alle dimissioni di Vasco Errani e alla successiva inchiesta sui rimborsi dei consiglieri regionali. Lo scontro frontale del presidente del Consiglio con la Cgil e la sinistra del partito hanno fatto il resto consegnando e Stefano Bonaccini una vittoria ”mutilata” nel consenso visto che dovrà governare una regione con un numero assoluto di votanti il più basso nella storia dell’Emilia Romagna. Un po’ meglio è andata in Calabria, dove la mobilitazione è stata più alta forse anche per il maggior uso che al Sud si fa del voto di preferenza. Il fatto che poi ci siano stati più votanti nella regione di Oliverio, candidato non renziano, rispetto a quella dove si è votato per un ex bersaniano passato nelle file del premier, diventerà altro elemento nella polemica interna al Pd.
Il voto di ieri scarica anche l’ennesima incognita sul centrodestra a trazione berlusconiana. Il «divisi si perde», che anche oggi il Cavaliere dirà, non sembra scuotere più di tanto i tradizionali alleati del Cavaliere. Le difficoltà dell’uomo di Arcore di far valere la sua golden share dell’area moderata sono ormai evidenti. Nè Alfano, tantomeno Salvini dopo la vittoria di ieri in Emilia, intendono rientrare in una coalizione, peggio ancora in un partito, a trazione berlusconiana. Berlusconi, che solo un mese fa sosteneva su queste colonne di poter tornare ad allearsi anche con la Lega, non sembra rassegnarsi e sotto il naso di Salvini sventola l’intesa in due regioni che per il Carroccio sono fondamentali: Veneto e Lombardia.
CONSULTELLUM

La contesa interna al centrodestra interessa poco il presidente del Consiglio se non fosse per i riflessi che avrà sulla partita per la legge elettorale. Berlusconi, dopo aver dato il via libera al premio al partito, subisce le resistenze interne guidate da Raffaele Fitto e contesta lo sbarramento al 3%. Senza segnali dal Cavaliere sulla volontà di tener fede al patto del Nazareno, il testo che uscirà dalla commissione presieduta da Anna Finocchiaro, ricalcherà anche nelle virgole l’intesa raggiunta nella maggioranza. Al tentativo di Berlusconi di prender tempo, cercando di far entrare la legge elettorale nella trattativa per il successore di Napolitano, Renzi ha già replicato ponendo come imperativo il varo della legge al Senato entro dicembre offrendo garanzie anche a quegli eletti di FI che guardano con sospetto il reclutamento berlusconiano di facce giovani da candidare e l’amore per il Consultellum sbocciato ad Arcore.

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