Dignità e orgoglio degli aquilani di nuovo in piazza ieri sera per il sit-in contro la sentenza d’Appello del processo Grandi Rischi che ha ribaltato l’esito del primo grado assolvendo i sei scienziati della commissione e condannando il solo Bernardo De Bernardinis, ex vice capo della Protezione civile, a due anni. Una città stordita e allibita di fronte alle assoluzioni che dopo la manifestazione dello scorso 13 novembre si è stretta ancora una volta intorno ai parenti delle vittime: circa 500 gli aquilani che hanno ascoltato gli interventi di chi da un palco è tornato a gridare il suo dolore. «Lo Stato vi ha dato 6 miliardi in cambio dei vostri morti», le parole di Aldo Scimia che la notte del terremoto del 6 aprile 2009 ha perso sua madre e che è stato tra le parti civili del processo Grandi rischi. Scimia ha voluto così dare la sua interpretazione della dichiarazione fatta durante un’udienza dell’appello dall’avvocato dello Stato Carlo Sica che aveva suscitato molte polemiche. Nel gelo di una piazza Duomo ferita è riecheggiato forte l’urlo degli ultrà dell’Aquila Calcio Red Blue Eagles 1978 che hanno intonato il coro «noi vogliamo solo giustizia», srotolando lo striscione «È un film già visto lo Stato si assolve! Nulla è successo questo è l’esito del processo».
«Si deve reagire tutti insieme dopo questo forte schiaffo - afferma Alessio Ciccone, organizzatore della manifestazione -. Non abbiamo colori, solo una bandiera, quella neroverde. L’Aquila sembra anestetizzata dopo tutto questo tempo, ora è importante invece uno scatto di orgoglio. Non si può restare in silenzio di fronte alla sentenza che ci lascia sconcertati». Hanno aderito alla manifestazione, oltre al comitato dei parenti delle vittime, anche l’associazione Amici di Lorenzo, il comitato dei familiari vittime della Casa dello studente e 3e32 presente con lo striscione «Il potere ordina, la scienza obbedisce, la legge... assolve». «Siamo qui per ribadire ciò che abbiamo detto anche nel primo sit in - evidenzia Antonietta Centofanti che il 6 aprile ha perso suo nipote Davide -. La prima manifestazione c’è stata perché era necessario uscire immediatamente: andava dato subito un segnale. Oggi siamo di nuovo qui, ben vengano tutte le voci di dissenso». «Rispettiamo la sentenza, ma non possiamo non dissentire - conclude - Noi sappiamo cosa è successo, ci hanno tranquillizzati tutti: lo testimonia il nostro comportamento difforme dalla cultura del terremoto che abbiamo sempre avuto».