ROMA Le polemiche all’interno della maggioranza non fermano il governo deciso a condurre in porto la riforma che prevede di legare il canone Rai alla bolletta della luce. In questa ore, al ministero dell’Economia non escludono la possibilità di utilizzare l’Irpef come strumento per far pagare gli italiani («nessuna decisione è stata ancora presa» garantiscono ambienti di Via XX Settembre) ma in realtà si tratta di una ipotesi che resta sullo sfondo anche e soprattutto per le questioni di legittimità costituzionale che potrebbe sollevare. L’impianto della nuova normativa sta prendendo lentamente forma e resta confermato il fatto che il canone dovrebbe scendere dagli attuali 113,5 euro a quota 65. Lo strumento dovrebbe essere un emendamento alla legge di stabilità in Senato, in modo da rendere operativo il nuovo sistema a partire già dal prossimo gennaio. La quota da versare (saranno esentate le famiglie con un reddito Isee di 7.500 euro all’anno) sarà frazionata in sei rate ma l'utente, una volta ricevuto il bollettino Rai allegato alla bolletta elettrica, avrebbe la possibilità di non pagare il canone dichiarando, sotto la sua responsabilità, di non usare nessuno di questi 5 apparecchi elettronici (con cui si vede la tv e quindi la Rai): televisore, pc, laptop, tablet, smartphone. A differenza della legislazione attuale, però, lo Stato avrebbe la possibilità di procedere con le verifiche domiciliari. E questa potenziale arma, nella strategia messa a punto dal governo, dovrebbe funzionare da deterrente spingendo quel 26% di famiglie che evadono ad uscire dall’illegalità facendo crescere di circa 300 milioni il gettito del canone Rai. Resta in piedi, tra diffuse perplessità, l’idea di far pagare anche le seconde case. Anche se, nel caso, si tratterebbe di un canone più basso. Il progetto deve comunque superare molte resistenze. Ieri il presidente dell’Autorità per l’Energia Guido Bortoni, in attesa di una convocazione da parte del governo ha ribadito di ritenere «impropria e molto difficile» la modalità di riscossione del canone della Rai allo studio di Palazzo Chigi.
VERTICE PD
Quella di oggi potrebbe essere una giornata molto importante per l’azienda. In Senato è previsto infatti il primo confronto sulla riforma della governance. L’idea è partire dallo status, non più ente speciale ma Spa a tutti gli effetti. come da codice civile e secondo le regole del diritto societario. Un amministratore delegato con più poteri, un presidente indicato dal board e un cda di soli 5 membri, con una fondazione (o un consiglio di sorveglianza) a garanzia dell’indipendenza. Un ruolo di primo piano nella nomina dei componenti lo avrebbero il nuovo Senato e lo manterrebbe la Camera. Ma prima ancora che sui contenuti, oggetto ancora di discussione, oggi si cercherà di individuare l'iter più breve. Non è escluso che in attesa che il ddl completi il suo percorso si decida di prorogare l’attuale cda. Ieri intanto sono arrivate le dimissioni di Luisa Todini - che forse non verrà sostituita - in dissaccordo con il ricorso contro i tagli del governo.
CDA A SAN MACUTO
All'incontro di Palazzo Madama ci saranno il presidente del partito Orfini, il vicesegretario Guerini, i capigruppo di Camera e Senato Zanda e Speranza, il vicepresidente della Vigilanza Margiotta, il capogruppo Pd in Vigilanza Peluffo, il senatore Filippi della commissione Lavori pubblici e i sottosegretari Giacomelli e Lotti. E in serata si replica: il cda è convocato in audizione a San Macuto.