ROMA Dalle dichiarazioni mattutine del sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, che annuncia il canone Rai nella bolletta elettrica a partire «dal gennaio 2015», alla smentita serale di Palazzo Chigi, passa quasi un’intera giornata: ore e ore in cui le polemiche montano, trasformando l’ipotesi nel rischio di un pericoloso boomerang. Sono passate le 18 quando fonti vicine al governo mettono fine alla ridda di voci: «Appare improbabile che l’ipotesi possa maturare entro questa legge di stabilità, visti i tempi tecnici troppo stretti», tuttavia è «importante e strategica la riflessione in atto per ridurre e semplificare il canone Rai». Dunque, tutto rimandato: la materia potrebbe essere oggetto di un decreto ad hoc, forse all’inizio del prossimo anno. Non c’è neppure, del resto, il via libera dell’Autorithy per l’energia, che già in passato ha espresso forti dubbi: «Operazione impropria e “difficile”», anche perché l’iniziativa «aumenterebbe la bolletta del 20%» ha detto appena due giorni fa il presidente Guido Bortoni, spiegando peraltro di non avere ricevuto alcuna convocazione dal governo. L’idea, sintetizzata dal sottosegretario, è questa: inserimento in bolletta del canone con conseguente abbattimento dell’evasione, che si aggira attorno ai 600 milioni di euro e, grazie ai maggiori ricavi, importo quasi dimezzato rispetto agli attuali 113,50 euro. «Si pagheranno 60, 65 euro? È una cifra plausibile. Certamente pagheremo molto meno» assicura Giacomelli, escludendo il pagamento sulle seconde case e definendo «più complessa e farraginosa» l’ipotesi di collegare il canone all’Irpef. Gettito previsto: 1,7 miliardi (1,8 con il canone speciale), in linea con quello attuale. L’annuncio di Giacomelli a Radio24, nelle stesse ore in cui a Palazzo Madama il Pd è riunito per discutere di canone e riforma Rai, provoca però una tempesta politica. «Oggi abbiamo condiviso la necessità di introdurre nella legge di stabilità un primo intervento sul canone: l’obiettivo è recuperare tutta l’evasione per restituirla ai cittadini» spiega il capogruppo in Senato Luigi Zanda, confermando l’orientamento iniziale del governo. Ce n’è abbastanza per far andare su tutte le furie i colleghi di maggioranza del Nuovo centrodestra: «Giù le mani dalla Rai. Non è ammissibile che sia una riunione del Pd a deciderne il futuro e a stabilire che il canone sia inserito nella bolletta elettrica» attacca il capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo, parlando di un «Frankenstein fiscale» e ribandendo che per l’Ncd la soluzione «più consona» è una tassa legata all’Irpef. Alessandro Pagano, anche lui Ndc, parla di «vigliaccata ai danni dei cittadini». Il Codacons annuncia ricorsi. Ma perplessità si fanno strada anche tra i democratici, con Michele Meta che chiede al governo di portare in Parlamento il confronto su «un argomento che riguarda la vita della quasi totalità delle famiglie italiane». E Alberto Airola, capogruppo del M5S in commissione Vigilanza, con un post sul blog di Beppe Grillo, sentenzia: «Non si può fare. È una questione molto controversa di cui si discute da anni, sempre accantonata perché presenta difficoltà particolari, si parla di profili di incostituzionalità». I gestori, spiega, sono moltissimi, «e non si sa come ripartire su tutti l’onere del canone». E, cosa più grave, «non si sa come dimostrare chi possiede una tv e chi no».