L'AQUILA Indietro tutta. Mentre il presidente della Regione Luciano D'Alfonso annuncia per oggi la firma del decreto di non promulga della norma sull’anticipo del Tfr ai Consiglieri, l’assemblea regionale, dopo ore di discussione (e forti critiche all’iniziativa di D’Alfonso), si rimangia la norma e la abroga all’unanimità. Che cosa stabiliva il provvedimento abrogato? Mentre in precedenza il Tfr veniva sbloccato a mandato concluso, con la legge poteva essere richiesto dopo un anno, il tempo necessario per la sua maturazione: un anticipo di seimila euro per ogni anno di carica. Nel dibattito in aula i consiglieri hanno minimizzato la portata del provvedimento (dando al solito la responsabilità del can-can alla stampa), ma forse avrebbero dovuto pensare al loro elettorato chiamato a stringere la cinghia su ogni fronte per reggere la crisi. E comunque, la norma pro-Tfr ha scatenato ieri il caos in commissione Bilancio, con una corsa sfrenata a presentare proposte di norme abrogative e gruppi d'opposizione pronti a rivendicare la paternità dell'ostruzionismo. A dire il vero, è stato soltanto il Movimento 5 stelle nel consiglio regionale scorso a votare contro tale provvedimento assieme all’assessore Donato Di Matteo (votazione avvenuta, tra l'altro, in assenza del governatore D'Alfonso). Il quale si sarebbe non poco contrariato. E così ora i soldi legati al Tfr dei consiglieri resteranno nelle casse regionali per tutta la legislatura, con buona pace di coloro che - sono voci di corridoio - l'avrebbero spalleggiata per coprire le spese di campagna elettorale (passate e, a questo punto, pure future). Giornata di balletti, dunque, ieri in Commissione. Alle dieci del mattino, mentre nelle aule dell'Emiciclo si respirava ancora odore di caffè, il consigliere grillino Domenico Pettinari era già in fibrillazione. Di lì a poco avrebbe presentato una risoluzione urgente per chiedere l'abrogazione dell'emendamento ribattezzato “pro casta” dal M5s. Nelle ore successive è partita la medesima corsa a destra come a sinistra, con post pubblicati su Facebook, stampa inondata di comunicati, e quelle rivendicazioni di paternità, prima dell'avvio del consiglio regionale (nel frattempo slittato al tardo pomeriggio). Anche il Pd ha presentato una proposta abrogativa. Intanto la decisione di D'Alfonso di firmare un decreto con cui abroga una norma della sua stessa maggioranza suscita l'ilarità della capogruppo M5S Sara Marcozzi. «D'Alfonso come Napolitano», scrive, appoggiata anche dal capogruppo di Forza Italia, Lorenzo Sospiri. E già circolano una serie di hashtag ironici: #legislazionecreativa; #pezzaAcolori; #Lacorsapiùpazzadelmondo; #backtothefuture; #napolitanotispiccialacasa. Intanto, il capogruppo di Forza Italia, Sospiri, ricostruisce così la vicenda: «La norma di cui stiamo discutendo è stata redatta per permettere ad alcuni dipendenti regionali, non più in servizio, di accedere all'erogazione del Tfr, per il quale, altrimenti, avrebbero dovuto attendere un anno. Un emendamento presentato da una parte della maggioranza», prosegue, «ha esteso questa possibilità ad alcuni consiglieri (che già lo erano nella scorsa legislatura). Noi non abbiamo voluto questo emendamento, abbiamo infatti votato la legge per i dipendenti. D'Alfonso», conclude Sospiri, «che non è il presidente Napolitano, non ha il potere di non promulgare leggi e rinviarle al Consiglio. Così, ho chiesto e ottenuto dal centrosinistra di cancellare la norma». Pronto il commento di Camillo D'Alessandro, consigliere del Pd e braccio destro di D'Alfonso: «E' evidente che l'azione del governatore intende rendere certa la non applicazione della norma discussa. Di conseguenza la maggioranza presentando una norma abrogativa, alla quale ha aderito anche Forza Italia, ha risolto definitivamente il problema, intervenendo prima della pubblicazione della legge».