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Pescara, 24/11/2024
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Data: 26/11/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Consiglio, una giornata di caos salta la legge sul Tfr anticipato

L'AQUILA Et voilà la legge non c'è più. Cancellata in fretta, furia e imbarazzo, dopo il ciclone mediatico che ha travolto il Consiglio regionale. Quell'emendamento intruso votato nella scorsa seduta che permetteva ai consiglieri «anziani» (quelli al secondo mandato) di anticipare l'incasso del trattamento di fine mandato. Soldi dovuti, maturati, in verità, ma che in un periodo di vacche anoressiche, di sacrifici e salvadanai rotti, non era forse il caso di richiedere. Se non altro per rispetto a chi il fine rapporto non ce l'ha perché non ha neanche un rapporto. Anche se quei soldi, 300mila euro annui in tutto, relativi alla «buonuscita» dei nove consiglieri ancora in carica, sono già accantonati e intoccabili per legge. Non sia mai.
«BANCOMAT»
La pressione mediatica, però, ha scosso il palazzo: con i 5 Stelle che avevano votato contro e che per primi hanno richiesto il ritiro della legge, con Forza Italia che si è presto dimenticata di averla votata e con il centrosinistra che alla fine ha presentato e fatto votare una legge apposta per abrogare quello che era stato deciso appena due settimane prima, limitatamente all'articolo 2: il «bancomat degli anziani». Un modo per togliere anche dall'imbarazzo il presidente Luciano D'Alfonso che, poco prima, con un decreto postdatato (ad oggi) aveva annunciato di volere rifiutarsi di promulgare la legge in questione, «dato atto che il superamento delle cosiddette misure di privilegio è stato già oggetto di provvedimenti positivi da parte della giunta regionale». Solo che quel decreto, con cui si avanzano profili di incostituzionalità, a prescindere dalla legittimità giuridica («solo il presidente della Repubblica -ha fatto notare Lorenzo Sospiri- può non promulgare una legge»), era riferito, anche volendo, a tutt'altro e cioè ai trattamenti di fine rapporto e non di fine mandato. Ai dipendenti della Regione, cioè, non ai consiglieri.
IL RITOCCO
Insomma una gran confusione, con «la colpa -manco a dirlo- che è tutta dei giornalisti». Così come sono voci di stampa, che però verbalmente sono arrivate fino in commissione Bilancio nella seduta scorsa, quelle che annuncerebbero presto un ritocco alle spese di funzionamento dei gruppi consiliari. Da 43mila e rotti euro a consigliere a 58mila euro l'anno, che a conti fatti fanno quasi mezzo milione di euro in più l'anno. Anche qui, ovviamente, si tratta di «adeguamenti di legge, come accaduto in altre regioni», che la presidenza del Consiglio, soprattutto dopo quanto accaduto ieri, non intende far passare. I contribuenti si potranno consolare, per il momento, continuando a pagare il vitalizio a 145 ex consiglieri (che ci costano 5 milioni di euro l'anno), tolti i 22 che hanno preso tutto in una botta e i 37 «parcheggiati», quelli cioè che devono ancora maturare l'età della pensione.

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