Nel bilancio dell’Atac risultavano essere consulenze per «valutazione del personale». Eppure, i pagamenti per quegli incarichi sarebbero finiti su conti correnti riconducibili all’ex amministratore delegato Gioacchino Gabbuti e all’ex direttore generale Antonio Cassano. I conti, a loro volta intestati a prestanome, erano basati nello stato di San Marino. Dalla notifica agli indagati dell’avviso di proroga dell’inchiesta della procura partita dall’ipotesi dell’esistenza di biglietti clonati ed approdata a un sistema fatto di fatture gonfiate, prestazioni inesistenti e riciclaggio, emergono alcuni particolari che spiegano più nel dettaglio come funzionasse il sistema Atac. I pm Laura Condemi e Alberto Pioletti hanno chiarito alcuni particolari dell’indagine che finora erano rimasti nell’ombra. A cominciare dai soldi effettivamente transitati sui conti del Titano: 2 milioni di euro, frutto di consulenze emesse nel periodo tra il 2007 e il 2008. Formalmente, uscivano dal bilancio Atac diretti a società di consulenza che avrebbero dovuto valutare autisti, macchinisti e impiegati. La valutazione non è mai stata fatta e i soldi, al contrario, sono poi transitati sui conti correnti apparentemente riconducibili a Gabbuti e Cassano, indagati per peculato e riciclaggio (gli indagati, a vario titolo, sono in tutto nove). Non è chiaro se questi soldi provengano effettivamente dalla doppia bigliettazione e se i soldi fossero destinati a foraggiare la politica.
L’INCROCIO DI SOCIETA’
Nel mandato di perquisizione dello scorso luglio alla Guardia di finanza, la procura di Roma aveva indicato alcune società apparentemente responsabili di riciclaggio. Tra queste spiccava la «Italconsulting srl», di cui, fino al 2007, è stato azionista di maggioranza lo stesso Gabbuti, oltre a nomi come «Pragmata Srl», e «Orizzonti Srl». La «Italconsulting Srl» sarebbe poi stata ceduta a Salvatore Di Gangi e alle figlie, a loro volta proprietari della «Sipro Srl», la società che si occupa dello stoccaggio dei biglietti.
Interrogato sul punto da Repubblica, Gabbuti aveva replicato: «In questa storia ho fatto solo un errore: da proprietario di Pragmata ho fatto lavorare la società per Atac, di cui ero ad. Ho ceduto Italconsulting a Salvatore Di Gangi perché erano interessati ad un terreno di proprietà dell’azienda».
IL CASO SIPRO
Parallelamente, la prefettura potrebbe avviare nuovi accertamenti sulla società Sipro. Nel 2009, l’azienda aveva ricevuto un’interdittiva antimafia per le indagini subite dallo stesso Di Gangi, in rapporti di affari con il cassiere della Banda della Magliana Enrico Nicoletti. Il fratello, tra l’altro è Vittorio, soprannominato «Er Nasca», arrestato più volte per inchieste relative a casi di traffico internazionale di stupefacenti. L’interdittiva è stata annullata su decisione del Tar del Lazio quando Salvatore Di Gangi ha ceduto tutte le sue quote alle figlie. Le verifiche della prefettura, però, potrebbero ripartire anche sulla base dell’attuale inchiesta della procura di Roma.