Il Parlamento europeo ha votato quasi all’unanimità una risoluzione per separare la rete di Google dai cosiddetti servizi accessori. In realtà, la questione è molto più complessa, ma non è assolutamente il caso di entrare nel merito o di discuterne. Come non mettere, però, in relazione la granitica volontà espressa dall’assemblea di Strasburgo con l’allarme lanciato nei giorni scorsi dal senatore Filippi al convegno “FerroVie” sul pericolo di un arretramento anche sulla parte “hardware” (interoperabilità e c.) del 4° pacchetto ferroviario, dopo che sulla parte “software” (liberalizzazioni e dintorni) la stessa assemblea ha già provveduto ad “annacquare” le posizioni emerse nella Commissione Trasporti UE.
In Europa non si è ancora affermato il decisionismo renziano ed è quindi probabile che, alla fine, il Parlamento voterà il solito testo di compromesso, che rimanda al prossimo ventennio o giù di lì scelte obiettivamente qualificanti. L’Italia ha un interesse diretto in queste questioni, perché – ad esempio – un treno come l’ETR 1000, completamente interoperabile e in grado di sbaragliare molta concorrenza sui binari europei, trarrebbe grande vantaggio dall’abolizione di quelle regole che impongono una omologazione in ogni paese e percorsi autorizzativi così tortuosi da apparire come una barriera di fatto.
I media tradizionalmente non si interessano di queste questioni e difatti è impossibile quasi trovare traccia dell’appuntamento del 3 dicembre per la riunione del consiglio del ministri dei Trasporti e dei temi su cui dovrà pronunciarsi. L’Europa rimane un continente ancora troppo aereo e lontano che però dà lezioni di liberalizzazione all’America: e scusate se è poco.