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Data: 03/12/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Mafia, “neri” e appalti, 37 arresti a Roma. Arrestato l’ex terrorista Carminati, indagato Alemanno. Sono 100 gli indagati, in cella anche una 30enne marsicana. Chi è “il cecato”, il neofascista che comandava la “cupola”.

ROMA Avevano messo le mani su Roma siglando un patto di ferro tra politica, imprenditori e criminalità che ha le sue radici nell’eversione nera. L’operazione “Mafia Capitale” condotta dalla procura di Roma ha portato alla luce “un sistema corruttivo” che mirava all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici del Comune di Roma e delle aziende municipalizzate. Chi si metteva in mezzo, veniva minacciato e picchiato. Per Roma è stato un terremoto. Ieri 37 persone sono state arrestate, un centinaio gli indagati, tra cui l’ex sindaco Gianni Alemanno che ieri ha subìto la perquisizione della sua casa da parte della Guardia di finanza. Indagato anche l’ex capo della sua segreteria Antonio Lucarelli e molti dei suoi fedelissimi. È coinvolta anche una marsicana: Pierina Chiaravalle, 30 anni, attualmente residente a Roma, dopo avere abitato in una casa di via San Francesco ad Avezzano. In città la Chiaravalle aveva lavorato in una società cooperativa. È accusata di corruzione aggravata. Le accuse contestate dalla procura ai membri dell’organizzazione vanno dall’associazione di stampo mafioso all’estorsione, l’usura, riciclaggio e altri reati. Perquisiti gli uffici del Campidoglio, sede del Comune, e quella della Regione Lazio, sequestrati beni per il valore di 205 milioni di euro. «Con questa operazione abbiamo risposto alla domanda se a Roma c’è la mafia – sono state le parole del procuratore capo Giuseppe Pignatone – non ha legami con quella meridionale, ma usa gli stessi metodi». Capo dell’organizzazione Massimo Carminati detto il Pirata o il Cecato. Classe ’58 è un ex terrorista dei Nar legato anche alla banda della Magliana. Conosciuto come il “Nero” nel libro “Romanzo Criminale”. Secondo gli inquirenti aveva messo le mani su un numero imprecisato di appalti assegnati dal Comune di Roma. «Una delle caratteristiche dell’organizzazione mafiosa della Capitale è quella della trasversalità di appartenenza politica sia al suo interno che per i contatti esterni al fine di ottenere appalti» ha sottolineato Pignatone. «Il braccio destro di Carminati, Salvatore Buzzi, ha un passato nell’estrema sinistra ed è stato condannato in maniera definitiva per un omicidio del 1980». Buzzi, arrestato ieri, è il presidente della Coop 29 Giugno composta da ex detenuti che operano nel sociale. In manette due uomini vicini ad Alemanno: Franco Panzironi, che faceva da ponte tra l’Ama (la municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti) e gli appalti pubblici e Riccardo Mancini, legato all’estrema destra romana, per anni alla guida dell’Ente Eur. Per i pm «i due pubblici ufficiali erano a libro-paga dell’organizzazione alla quale fornivano uno stabile contributo per l’aggiudicazione degli appalti». In cella Luca Odevaine, tra il 2003 e il 2005 vicecapo di Gabinetto di Walter Veltroni, accusato di aver orientato le scelte del “Tavolo di coordinamento nazionale sui richiedenti asilo” e di ricevere in cambio 5mila euro mensili e Mario Schina responsabile del decoro urbano sempre per la giunta Veltroni. Indagati il consigliere regionale del Pd, Eugenio Patanè che dovrà rispondere di turbativa d’asta e il capogruppo di Forza Italia, Luca Gramazio accusato di corruzione. Prima notte in cella per Fabrizio Franco Testa, nominato nel 2009 alla presidenza dell’Enav-Techno Sky e per Emanuela Salvatori, attuale coordinatrice del “Piano rom” per Roma. Dimessi, perché indagati, l’assessore alla casa Daniele Ozzimo e il presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti del Pd. L’uso della forza, scrivono i pm, era lo strumento di intimidazione. Il 30 maggio 2013 un imprenditore che doveva restituire una ingente somma di denaro all’organizzazione viene picchiato e chiama Lacopo: «M’hanno massacrato ieri sera... tu hai detto che non mi toccavano.. mi hanno rotto le costole». Lacopo: «Quando uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto quarcosa sennò uno no ’o picchiano».


Chi è “il cecato”, il neofascista che comandava la “cupola”. «Io sono il re di Roma»
Dai Nar alla banda della Magliana

ROMA Il quarto re di Roma, il “Nero” di Romanzo Criminale, il “cecato” per via dell’occhio perso in seguito ad una sparatoria con la Digos, l’ex Nar amico e compagno di scuola di Giusva Fioravanti, accusato di avere legami con la banda della Magliana. E ancora. Accusato e prosciolto dall’imputazione di essere uno dei sicari di Mino Pecorelli; indagato per essere l’ideatore del furto al caveau della Banca di Roma interno al palazzo di Giustizia di piazzale Clodio nel 1999 in cui venne rubata documentazione per ricattare i magistrati. Da quasi 40 anni, le mani di Massimo Carminati sono sulla città di Roma. Ma dalla metà degli anni ’70 è riuscito quasi sempre a farla franca nei processi, nonostante molti pentiti lo abbiano accusato di omicidi e anche di avere avuto un ruolo con i servizi segreti nel presunto depistaggio delle indagini per la strage di Bologna. Milanese di nascita, il 56enne ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella storia parallela criminale della Capitale, ma soprattutto per gli inquirenti è sempre stato un mediatore «tra mondi solo apparentemente lontani: i Nar e la banda della Magliana; la mafia e la politica». Ed anche nell’inchiesta “Mafia Capitale” il suo metodo è rimasto immutato. Nell’ordinanza si legge che Carminati mutua il ruolo che aveva «all’interno del sistema criminale romano degli anni ’80, cioè quello di trait-union tra mondi apparentemente inconciliabili, quello del crimine, quello della alta finanza, quello della politica». Insomma per dirla con le sue parole, «io sono il Re di Roma». Forte della sua esperienza e dei suoi rapporti, Carminati ha messo in piedi una vera holding criminale che spaziava dalla corruzione, per aggiudicarsi appalti, all’estorsione, all’usura e al riciclaggio. L’ex terrorista dei Nar sovrintendeva e coordinava le attività dell’associazione, impartiva direttive. Carminati si spingeva anche nell’ individuare e «reclutare imprenditori» ai quali forniva protezione, manteneva i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali che operano su Roma «nonchè con esponenti del mondo politico, istituzionale, finanziario e con appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti». Ed è proprio Carminati a spiegare la sua filosofia di vita: «È la teoria del mondo di mezzo... tutto si incontra...tutto si mischia...perché anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno...». E lui nel mondo di mezzo sono quasi 40 anni che naviga tra inchieste, accuse, arresti.





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