ROMA Respinta l’idea berlusconiana di eleggere prima il capo dello Stato e poi votare la legge elettorale, torna di moda la clausola di salvaguardia, ovverosia «l’Italicum entra in vigore dal primo gennaio 2016». A proporlo da Algeri è lo stesso Matteo Renzi e mette d’accordo tutti, o quasi.
Giornata di mediazione, quella di ieri, con una triangolazione FI, Pd e Quirinale con la quale si è cercato di mettere ordine ad un calendario fatto di priorità diverse tra lo stesso Renzi, Berlusconi e Napolitano. L’intesa sul timing sembra ora possibile grazie anche all’assist che il Colle ha dato ieri l’altro al presidente del Consiglio ribadendo che resterà al suo posto sino alla fine del semestre di presidenza europeo al termine del quale farà le sue valutazioni.
ROTTA
Sarebbe la prima volta che un Parlamento vota il ”non scioglimento” con tanto di data. L’eventualità fa tirare un sospiro di sollievo ad un Parlamento di nominati che in meno di due anni conta ben 150 cambi di casacca. La clausola di ”non scioglimento” rappresenta la metà del bicchiere pieno perché l’altra metà sta nel non scritto ma esplicitato più volte dallo stesso presidente del Consiglio: «Se non passa l’Italicum si va a votare» con il Consultellum, ovviamente. Ovvero con la legge super proporzionale che la corte Costituzionale ha lasciato in eredità al Paese dopo aver cassato il Porcellum. Un’eventualità che sui parlamentari ha lo stesso effetto dell’aglio per i vampiri. Soprattutto su coloro, e sono tanti nel Pd come in FI o nel M5S, che sono in rotta con il leader e dovrebbero candidarsi sotto nuove insegne e andare a caccia di voti di preferenza. Alla terza legislatura di nominati, il compito potrebbe risultare arduo anche per molti di coloro che contestano l’impianto dell’Italicum 2.0. Meglio quindi acconciarsi ad una clausola che dovrebbe inchiodare Renzi a palazzo Chigi sino al 2016. Una sorta di ”parlamentare stai sereno” che il Rottamatore pensa di inserire nella legge elettorale che - ovviamente - non intacca le prerogative dell’attuale e del futuro capo dello Stato in materia di scioglimento delle camere. Ciò che preme a Renzi è di respingere l’odg di Calderoli con il quale si farebbe entrare in funzione la legge elettorale dopo la riforma costituzionale rendendo l’Italicum ancor più appeso ad un filo.
ORBITA
Al gran lavoro sono stati chiamati ieri gli ambasciatori dei rispettivi partiti. Da un lato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e dall’altra l’azzurro Denis Verdini. Quest’ultimo è stato ieri impegnato anche in un estenuante trattativa con Raffaele Fitto. L’europarlamentare, impegnato a Bruxelles, attende ancora di incontrare Berlusconi che però non sembra intenzionato a riceverlo e gli fa recapitare messaggi molto minacciosi. La quarantina di parlamentari che rispondono a Fitto si muovono ormai fuori dall’orbita del Cavaliere che rischia di presentarsi alla trattativa sul Quirinale molto debole dal punto di vista dei numeri. Nella testa del Cavaliere c’è ancora l’idea di poter condividere con Renzi il nome del successore di Napolitano per votarlo magari al primo giro. Il presidente del Consiglio non sembra avere la stessa strategia. Continua a guardare verso i tantissimi fuoriusciti del M5S, e si muove su un nome che sia eleggibile al quarto scrutinio (maggioranza semplice). Ovvero grazie ai voti, soprattutto del Pd. Quanto poi il nuovo capo dello Stato sia ”riconoscente” al segretario del partito che lo ha eletto è tutto da vedere. «Anche De Mita pensava di avere in pugno Cossiga, poi si è visto com’è andata», ricorda sarcastico Augusto Minzolini, senatore azzurro ed ex cronista parlamentare.
PIAZZA PULITA
«All’Italia serve un presidente che sappia tenere il volante», spiegava ieri sera a Porta a Porta Pier Luigi Bersani. La sinistra Dem sospetta che Renzi punti su una figura che non gli faccia ombra. Un non politico o in una figura politica attualmente non in attività. I nomi che circolano sono tanti e vanno da Sergio Mattarella a Pier Luigi Castagnetti passando per l’ex ministro Emma Bonino. Anche se la partita del Colle verrà dopo la legge elettorale, l’intreccio frena la definizione degli emendamenti da inserire nell’Italicum votato alla Camera nel luglio scorso. La sinistra dem, guidata da Pier Luigi Bersani, non condivide i capolista bloccati temendo che Renzi faccia piazza pulita della minoranza. Resistenze sul premio di maggioranza persistono nel Ndc mentre FI contesta lo sbarramento al 3%. Renzi intende però tirare dritto e nega ulteriori trattative puntando ad incardinare in aula la legge elettorale prima di Natale per poi votarla entro la prima decade di gennaio. Gran lavoro per il capogruppo del Pd Luigi Zanda a palazzo Madama che si intreccia con quello di Anna Finocchiaro capogruppo in commissione Affari Costituzionali. Non riuscire a mettere in sicurezza l’Italicum prima del voto sul nuovo capo dello Stato significa consegnarsi ad una specie di lotteria ma una lunga battaglia condotta a colpi di votazioni, sullo stile del 2013, sarebbe devastante per il Paese che rischierebbe di eleggere un presidente della Repubblica con il decreto di scioglimento già in tasca.