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Data: 04/12/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Il jobs act è legge, tensione in aula e fuori. A Palazzo Madama passa la fiducia, protesta delle opposizioni, dalla minoranza Pd sì con riserva. Renzi: giorno storico

ROMA Con la fiducia numero 32 il governo porta a casa il jobs act. In un clima da assedio con precari e studenti che hanno cercato di raggiungere il Senato e sono stati protagonisti di scontri con le forze dell’ordine in più riprese, la riforma del lavoro è passata in seconda lettura a palazzo Madama con 166 sì, 112 no e un astenuto. Alla fine anche la minoranza del Pd ha votato per «senso di responsabilità» il provvedimento sul lavoro che ha creato un clima di profonda frattura tra il segretario del Pd-premier e il sindacato, in testa Cgil e Fiom che il prossimo 12 dicembre hanno indetto lo sciopero nazionale al quale poi ha aderito anche la Uil. «Un giorno storico», commenta il premier. «#Jobs act diventa legge. L’Italia cambia davvero. Questa è #lavoltabuona. E noi andiamo avanti» il tweet lanciato da Renzi non appena appreso il risultato delle votazione. Soddisfatto anche il ministro del Lavoro. Il Parlamento «ci consegna un testo significativamente cambiato e migliorato» ha detto Giuliano Poletti garantendo che il governo procederà «speditamente» sui decreti attuativi, «partendo da quelli per l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che vogliamo rendere operativo da gennaio» in modo che imprese e lavoratori possano subito beneficiare delle misure di riduzione del costo del lavoro previste nella legge di stabilità. Del tutto diversa la posizione di Nichi Vendola. Se i parlamentari di Sel hanno protestato durante la votazione mostrando dei cartelli listati a lutto, il leader di Sel ha commentato: «Smantellano civiltà dei diritti e lo chiamano jobs act». Più cauto il presidente di Confindustra, Giorgio Squinzi, che ha spiegato che per dare un giudizio sulla riforma aspetterà i decreti attuativi. Se in prima lettura alla Camera gli scontri erano stai dentro l’aula con diversi deputati del M5S sospesi per aver cercato di ostacolare le operazioni di voto, lo scontro questa volta si è spostato fuori dal Parlamento. Un corteo di qualche centinaia tra precari, studenti e sindacati autonomi dopo aver percorso diverse strade del centro ha provato a rompere il blocco di blindati e camionette antisomossa intorno a palazzo Madama. Sono volate uova contro gli agenti che hanno risposto con una carica. Il bilancio è di diversi contusi. Ci sarebbero stati anche dei fermi. Il tutto mentre altre sigle sindacali protestavano sotto il ministero del Lavoro. Alla fine anche la minoranza del Pd ha votato il provvedimento «turandosi il naso», con l’eccezione di Corradino Mineo. «Mi viene da chiedermi se questa Camera non sia stata sciolta a sua insaputa», ha detto. Per Renzi ieri è stata una giornata di grande lavoro. Il premier ha voluto rispondere al suo primo question time alla Camera. Ed è stato protagonista di battibecchi con la Lega e con il capogruppo forzista Brunetta. «La differenza tra noi e vuoi è che a voi tocca analizzare questi problemi dopo averli causati con l’azione del vostro governo e a noi tocca risolverli e lo faremo anche per voi», ha detto Renzi ribattendo a Brunetta che aveva criticato l’azione impotente del semestre europeo a guida italiana. «Segnalo che la situazione in cui ci troviamo con la Commissione europea risale al 2008 e fu scelta dal governo di cui Brunetta faceva parte», ha aggiunto Renzi, convinto che il piano Juncker «sia un primo timido segno di cambio, se pure non ancora sufficiente». Duro lo scambio anche con la Lega. A Massimo Fedriga che in aula ha chiesto una modifica della le legge Fornero sulle pensioni il premier ha ricordato che fu Roberto Maroni ad alzare l’età pensionabile. «Ci sono vari modi per relazionarsi ai cittadini, mai come in questo momento è chiaro chi punta sulla rabbia e su messaggi di terrore verso il futuro», ha detto.

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