È un quadro ancora molto nebuloso, con poche e note certezze e tante, tante incognite, quello che emerge a un mese dalla «conferenza stampa dei miracoli», lo scorso 3 novembre, nella quale la governance abruzzese tutta targata Partito democratico annunciò l’arrivo di 6 miliardi certi per la ricostruzione e tutta una serie di novità. Un incontro con la stampa in cui il Pd mostrò i muscoli contro il peraltro frammentato centrodestra, «gufi e sciacalli sconfitti», ma anche contro una certa opposizione interna al partito che andava prendendo corpo dopo le mille promesse di visita del premier e segretario Matteo Renzi, a tutt’oggi rimaste solo fantasie, e l’iniziale azzeramento dei fondi, poi appunto colmato. I fondi sono arrivati, anche se quelli davvero sicuri sono 2,2 miliardi per i prossimi 3 anni, alcuni dei quali dovranno essere anche anticipati per non bloccare la ricostruzione. Tuttavia 30 giorni dopo emerge come, mentre per certe questioni si debba giocoforza attendere del tempo, vedi appunto la battaglia sui fondi del 2015, scarsini ma da integrare direttamente il prossimo anno, per altri nodi le soluzioni immediate che erano state sbandierate si sono tutt’altro che trasformate in fatti. Tanto che, dopo la conferenza stampa di lunedì degli esponenti del Pd Antonio Castricone, deputato, Stefania Pezzopane, senatrice, e Giovanni Lolli, vice presidente della Giunta regionale, in cui si è parlato di «novità positive», si è scatenato un putiferio che ha spaccato in due la maggioranza aquilana di centrosinistra, con una serie di comunicati stampa a partire dal sindaco, Massimo Cialente, che è addirittura del Pd, e di suoi assessori e consiglieri di altri partiti, Idv e Sel. D’altronde, dello stallo totale su certi punti è un esempio la sostituzione dei pezzi chiave della governance: il coordinatore della struttura di missione della presidenza del Consiglio, Aldo Mancurti, andato in pensione; il responsabile dell’ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila, Paolo Aielli, finito alla guida dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato; il sottosegretario all’Economia con delega alla ricostruzione Giovanni Legnini, divenuto vice presidente del Consiglio superiore della magistratura. A oggi nessuna di queste tre pedine-chiave è stata rimpiazzata, tranne la nomina ad interim alla guida dell’Usra del segretario generale del Comune dell’Aquila, Carlo Pirozzolo, con un placet del governo che non dissipa i dubbi sul potere di firma.
Così come, in alternativa al sottosegretario, visto che il governo Renzi è pieno di caselle e al posto di Legnini è entrata la piacentina Paola De Micheli, nemmeno fin qui si è ottenuta la «cabina di regia» a palazzo Chigi con incarico ufficioso a un politico, segnatamente alla senatrice Pezzopane. Anche certi annunci del governatore D’Alfonso, sono rimasti lettera morta: su tutti, la promessa di impegno finanziario (100 milioni?) per ricostruire piccoli borghi terremotati ed esportarli come modello, la legge sull’Aquila capoluogo, questa veramente annunciata alla vigilia delle elezioni di maggio.