Perquisizioni a raffica, sequestri di conti correnti per circa venti milioni di euro, un giro vorticoso di società, molte delle quali scatole vuote o comunque di schermata, 24 indagati (fra cui molte teste di legno) con accuse pesanti che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell’erario e dell’Inps, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, reati fiscali, fino al riciclaggio.
E’ l’inchiesta sul gruppo del noto e discusso imprenditore abruzzese Carmine De Nicola (l’ultima sua scalata, poi fallita, è stata quella dell’acquisto del gruppo Villa Pini) e del suo consulente finanziario, Andrea Di Prinzio, che travolge marginalmente anche l’ex presidente della Provincia, Guerino Testa, che lavora in quello stesso studio professionale come commercialista: studio che negli anni è diventato un vero e proprio snodo delle principali aziende abruzzesi e non.
Il reato più grave, quello associativo, riguarda De Nicola, Antonio Di Ianni, suo braccio destro, Andrea Di Prinzio, Antonello Ciuffetelli, Antonella e Pierpaolo De Nicola, figli dell’imprenditore, e Maria Grazia Orlando, moglie di Carmine De Nicola. Attorno a questo gruppo, secondo l’accusa, ruoterebbero una serie di persone che, guidate in tutto e per tutto da Carmine De Nicola (cui indirettamente sarebbero collegate quasi tutte le società coinvolte nello scandalo e sui conti personali sarebbero finiti milioni di euro), avrebbero commesso una lunga serie di reati al fine di procurare un ingente vantaggio patrimoniale all’imprenditore, re delle scuole private e adesso anche della sanità privata, a danno dell’erario e dell’Inps in particolare.
DI PRINZIO, IL CERVELLO
Il commercialista Di Prinzio, titolare di uno degli studi più noti di Pescara, esperto in consulenze societarie e fiscali viene descritto dall’accusa come «elaboratore ed ideatore delle strategie di traslazione dei costi contributivi ed aziendali delle società operative direttamente integranti il gruppo De Nicola, dominus delle dinamiche di interazione illecita delle persone giuridiche del gruppo, agendo quale costitutore delle società cooperative impiegate quali enti-mezzo per perpetrare il programma criminoso, nonché quale ideatore delle operazioni di cessione d'azienda, funzionali alla determinazione dello stato di insolvenza, prodromici al fallimento delle bad company, in accordo con De Nicola e gli altri formali amministratori». Un breve passaggio dell’accusa che sintetizza il fulcro dell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e dal Pm Anna Rita Mantini. Testa ci finisce dentro, anche senza aver percepito formalmente nessun compenso, perché diventa legale amministratore di alcune di quelle società che curava lo studio Di Prinzio di cui lui faceva parte.
GLI ALTRI COINVOLTI
Agli indagati già citati si aggiungono: Paola De Amicis, Lina Verì, Maria Pia Pagliarone, Antonella Tancredi, Andrea Orlando, Tiziana Brunetti, Giuseppe Urbinati, Antonio Orlando, Stefano Castellano, Masino Moretti, Carlo Costantin, Beniamino Fortuna, Mariarita Chessa, Marco Fina, Vittorio Costantin, Carlo Pagliaricci.
Guerino Testa: «Sono sereno, incarichi lasciati cinque anni fa»
«So che si tratta di un’inchiesta legata al gruppo De Nicola e per quel che mi riguarda parliamo di attività che risalgono a prima del 2009, ma sarò più preciso quando con il mio legale avrò visto le carte. Sono sereno, ma provo disagio». Guerino Testa ha commentato così il suo coinvolgimento nell’inchiesta. Ieri ha subito perquisizioni della Finanza a casa e allo studio. «Tutto è legato al mio ruolo di amministratore per società clienti dello studio, incarichi che ho lasciato nel 2009 quando ho accettato la candidatura a presidente della Provincia. Mi contestano mancati pagamenti di oneri previdenziali in una società, anche per periodi in cui avevo già lasciato l’incarico».