Dopodomani, martedì, dovrebbe arrivare in Abruzzo il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, per suggellare il sospirato matrimonio tra gli imprenditori di Chieti e di Pescara. Sono attese le consuete litanie (spesso fondate, per carità) contro i guasti della politica. Eppure non è che l’economia in questa regione viaggi a velocità siderali rispetto al pubblico: le liti da cortile che accompagnano il riassetto delle Camere di commercio e lo stesso accidentato percorso con cui si va al rinnovo del presidente di Confindustria Abruzzo dimostrano che i piccoli grandi egoismi dominano anche tra gli imprenditori. Oggi come oggi, si sa, a livello nazionale contiamo poco o nulla. Creare un’unica, grande Camera di commercio e un’unica Confindustria sarebbe la strada maestra per poter dialogare alla pari con le grandi città del centro-nord, battendo i pugni sul tavolo quando c’è da difendere gli interessi di questa terra. Gli ostacoli sono sempre gli stessi: l’arrocco di Chieti, cui evidentemente il commissariamento dell’ex Cassa di risparmio non ha insegnato nulla; la frammentazione della rappresentanza, che lascia spazio ai veti di piccoli ma spregiudicati blocchi di potere; e la miopia di una classe dirigente che fatica a vedere più in là della punta del proprio naso. Nel frattempo la politica prova a battere qualche colpo: tenta di portare a termine l’inevitabile fusione tra le tre società regionali di trasporto e cerca di ripulire anche la giungla di aziende e consorzi legati all’agricoltura. Nessuno si illude che sia una rivoluzione copernicana, ma almeno c’è il tentativo di darsi tempi accettabili per portare a termine operazioni che andavano fatte anni fa. Morale: ognuno deve fare pulizia in casa propria, per essere più credibile quando attacca gli altri giocatori in campo. Con un’economia che sta andando a ramengo, i personalismi, le furbizie e le liti da campanile non devono più essere tollerati. La gente che si spezza la schiena per arrivare a fine mese non lo merita. Buona domenica a tutti.