ROMA Mancava Angela Merkel. Dopo la bocciatura di venerdì scorso da parte dell’agenzia di rating Standard&Poor’s, che ha puntato il dito sull’attuazione delle riforme annunciate dal governo Renzi, ieri è stata la cancelliera tedesca a bacchettare l’Italia insieme alla Francia. Ed ancora una volta mettendo sotto la lente il ritmo e l’intensità delle riforme promesse, giudicando quelle adottate in Italia e Francia «insufficienti». «La Commissione», ha spiegato Merkel al quotidiano conservatore Die Welt, « ha ribadito che quanto presentato non è sufficiente. Cosa che condivido». La tempistica della strigliata a Roma e Parigi non è casuale. Oggi si riunirà l’Eurogruppo e domani l’Ecofin, l’organismo politico comunitario nel quale siedono i ministri delle finanze dei paesi del vecchio Continente. Il tema all’ordine del giorno è il giudizio sulle leggi di Stabilità adottate dai governi nazionali. La presa di posizione della cancelliera tedesca rende chiaro che la partita europea sui conti pubblici di Italia e Francia non si è chiusa con la momentanea promozione da parte della commissione Juncker. Il percorso che porterà verso il nuovo esame di marzo sulla salute delle finanze pubbliche e sul rispetto degli impegni europei su deficit e debito, non sarà una strada in discesa. Anzi. Già il confronto «politico» di domani potrebbe far salire di nuovo le tensioni tra i Paesi del Nord ancorati al controllo di deficit e debito e quelli come Francia e Italia che chiedono maggiore flessibilità per rianimare la crescita economica.
LA PARTITA SI RIAPRE
Che il barometro stia volgendo di nuovo al brutto, lo dimostra anche la reazione immediata e dura alle parole della Merkel da parte del responsabile delle politiche europee del governo Italiano, Sandro Gozi. «Dispiace molto», ha scritto in una nota, «che le riforme avviate dal governo Renzi, che hanno ricevuto un coro internazionale di apprezzamenti, dal Presidente degli Stati Uniti Obama al Fondo Monetario, siano ritenute insufficienti dal Cancelliere tedesco Merkel». Ma il punto, secondo Gozi, è anche un altro. «Oltre alla questione dei contenuti ce n'è anche una di stile: non sta ai capi di governo interpretare le opinioni della Commissione europea», ha tuonato, sottolineando che il «governo italiano non si è mai permesso di dare pagelle su un Paese membro dell’Unione». Chiediamo, ha detto Gozi, «lo stesso rispetto alla Germania». Poi, in realtà, il responsabile italiano delle Politiche comunitarie restituisce pan per focaccia a Berlino. «Forse la Cancelliera Merkel», sostiene il sottosegretario, «potrebbe concentrare la sua attenzione sulla domanda interna, sulla mancanza di investimenti o sugli squilibri della bilancia dei pagamenti tedesca». Sulla stessa linea anche il sottosegretario Graziano Delrio. «La Merkel», ha detto, «guardi in casa propria». Per l’Italia la partita è delicata. La Commissione ha concesso all’Italia un aggiustamento del suo deficit strutturale dello 0,3% invece dello 0,7% degli impegni passati e dello 0,5% minimo previsto dai trattati. Ma anche sulla correzione effettuata i calcoli tra Roma e Bruxelles non collimano precisamente e al governo italiano potrebbe essere chiesta una nuova manovra di aggiustamento il prossimo anno. L’Italia tuttavia, rimane al di sotto del 3% del limite nominale del deficit, considerato in Europa il postulato da non infrangere. Per la Francia la questione è diversa. Parigi è ben sopra il limite e non ha intenzione di rientrare. Insomma, probabile che il rimbrotto della Merkel fosse rivolto più ad Hollande che a Renzi. Per quest’ultimo il messaggio sarebbe in qualche modo preventivo, per impedire che un domani voglia seguire le orme di Parigi. Intanto oggi ci sarà il primo test sui mercati dopo la bocciatura di S&P. Al Tesoro non mostrano segni di preoccupazione. Ieri anche il numero di Unicredit, Ferderico Ghizzoni e il presidente dell’Abi Antonio Patuelli si sono detti tranquilli.