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Data: 08/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ma Renzi irritato tira dritto «Non ci faremo intimidire»

ROMA Matteo Renzi non ha preso bene la bacchettata di Angela Merkel. Non l’ha presa bene per una questione politica: «Non mi piace che qualche altro capo di governo ficchi il naso in modo così sgradevole nelle nostre politiche». E perché la scudisciata della Cancelliera tradisce una simpatia manifestata, con battute e sorrisi, in tutte le occasioni in cui i due si sono incrociati. Una chimica che ora sembra in crisi, anche sei i due avranno modo di chiarirsi già al Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre. E poi, in forma ufficiale, in occasione del vertice bilaterale tra Italia e Germania in programma a Firenze in gennaio.
«La Merkel è stata molto scorretta, ha deragliato e ha avuto una caduta si stile: un capo di governo non dovrebbe mai permettersi di dare pagelle agli altri partner europei», sostiene uno strettissimo collaboratore di Renzi, «forse la Cancelliera ha voluto lanciare un messaggio al suo partito in vista della riconferma a segretario della Cdu. Ma da una leader del suo livello non ci si saremmo mai aspettati una strumentalizzazione così becera a fini interni delle delicate relazioni europee».
Nella giornata di riposo a Pontassieve dedicata alla famiglia, Renzi non è voluto uscire personalmente allo scoperto. Per rispondere alla Merkel ha mandato avanti prima il suo sottosegretario all’Europa, Sandro Gozi e Graziano Delrio. Il leitmotiv è una forte irritazione verso la Cancelliera. Tanto più che la stroncatura di Frau Merkel cade a ventiquattr’ore dal declassamento del debito italiano da parte di Standard & Poor’s e a due giorni dalla faticosa approvazione del Jobs act, una riforma strutturale con la quale Renzi sperava di mettere a tacere i critici. «Forse la Merkel ha detto quelle parole per mettere sotto pressione l’Italia», dicono a palazzo Chigi, «ma noi non accettiamo diktat e non ci faremo né intimidire, né condizionare. Andiamo avanti con la nostra strada».
Ed è una strada, quella di Renzi, che porta a una «fortissima accelerazione» di tutte le riforme. Dal varo a inizio gennaio dei decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro, all’approvazione delle nuove regole su fisco, pubblica amministrazione, giustizia, scuola, legge elettorale. Guarda caso i temi toccati dalle raccomandazione della Commissione recapitata a Roma in giugno. L’obiettivo del premier: «Ci faremo trovare pronti per marzo», quando Bruxelles sarà chiamata a dare una nuova valutazione, dopo aver approvato la nostra legge di stabilità con riserva. E quando Roma spera di veder confermata l’applicazione (in cambio delle riforme strutturali) della tanto invocata flessibilità delle regole di bilancio. «E’ evidente», aggiungono a riguardo a palazzo Chigi, «che Merkel ha giocato sull’ambiguità, visto che la Commissione ha detto che dobbiamo fare di più. Ma per noi “di più” vuol dire approvare tutte le riforme entro marzo, non farne di altre e tantomeno varare manovre correttive che strozzano la crescita».

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